Green pass in bar e ristoranti, Mirabelli: «Nessuna violazione costituzionale, il diritto alla salute è prioritario»

Mirabelli: «Nessuna violazione costituzionale, il diritto alla salute è prioritario»
Mirabelli: «Nessuna violazione costituzionale, il diritto alla salute è prioritario»
di Barbara Acquaviti
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Martedì 13 Luglio 2021, 22:01 - Ultimo aggiornamento: 14 Luglio, 13:09

Prevedere il green pass per accedere a bar e ristoranti, come ha deciso di fare la Francia, sarebbe compatibile con la Costituzione perché si tratterebbe di una misura adeguata, proporzionata e temporanea rispetto a una emergenza pandemica che, peraltro, non è soltanto italiana ma internazionale. Per il presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli, c’è una fondamentale differenza, dal punto di vista giuridico, tra una scelta come questa e, per esempio, la vaccinazione obbligatoria.
«Non stiamo parlando di un obbligo ma di un onere o un requisito per svolgere una determinata attività. Deve essere una richiesta ragionevole, cioè ci deve essere il pericolo che svolgendo quella attività si possa determinare la diffusione dell’epidemia. Del resto, un tempo, chi lavorava nei pubblici esercizi, bar o ristoranti, doveva avere un certificato sanitario per dimostrare di essere esente dalla tubercolosi quando questa malattia era fortemente diffusa e infettiva».

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C’è però chi ha parlato di una misura incostituzionale. Ci può spiegare perché secondo lei non lo è?
«Non è un divieto assoluto che colpisce la libertà della persona, se si vogliono svolgere determinate attività che mettono a rischio le persone con cui si viene a contatto in rapporto a quell’attività, allora è ragionevole».

Uscendo dal linguaggio giuridico, lei intende dire che poiché nessuno ci obbliga a fare o non fare certe attività, qualora decidessimo di praticarle sarebbe ragionevole che in una situazione di pandemia ci venisse richiesto un certificato?
«I criteri di riferimento sono sempre gli stessi, la domanda è: è una limitazione adeguata, necessaria e proporzionata? Faccio un esempio: abbiamo visto nella ottima finale di calcio Italia-Inghilterra persone non distanziate, senza mascherine e urlanti, una gran festa per il virus.

In quelle situazioni si può chiedere che chi entra nello stadio abbia il green pass o il tampone negativo? Nessuno mi impedisce di uscire di casa se non ce l’ho, nessuno me lo può richiedere se sto nella mia autovettura, ma se vado in un luogo affollato, o entro in un ospedale, porre un divieto o un onere per assicurare la salute è un limite adeguato, ragionevole e temporaneo».

Insomma, è un obbligo compatibile con la Costituzione?
«Esattamente. Il diritto individuale alla salute significa anche che non posso subire danno da parte degli altri, c’è un interesse della collettività e delle altre persone a non essere infettate. Altra cosa se ci fosse una vaccinazione obbligatoria, in quel caso sarebbe necessario un fondamento legislativo, servirebbe una legge».

Come sappiamo la sanità è materia regionale, le Regioni possono dunque andare in ordine sparso o a dominare è il principio del bene collettivo stabilito dallo Stato?
«I principi sono già stati fissati da una sentenza dell’inizio di quest’anno della Corte costituzionale in un contenzioso tra lo Stato e la Regione autonoma della Valle d’Aosta. La materia pandemia è competenza esclusiva dello Stato, perciò le misure possono essere adottate dallo Stato, le Regioni non possono discostarsi. Naturalmente, ancora una volta, ci può essere un giudizio sulla appropriatezza, adeguatezza e proporzionalità di queste misure. Se ci fossero delle compressioni di diritti non funzionali o eccessive ci potrebbe essere un conflitto».

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Quindi è un conflitto che solo la Corte costituzionale potrebbe dirimere?
«Esattamente, le Regioni possono ricorrere se ritenessero che è invaso il loro campo e lo Stato se la Regione adottasse provvedimenti che non sono allineati con il disegno unitario. In questo caso a mio parere lo sarebbero perché la diffusione dell’epidemia è vicenda non solamente nazionale ma internazionale e l’articolo 117 della Costituzione, anche dopo la modifica del Titolo V, inserisce ancora tra le competenze esclusive dello Stato la “profilassi internazionale”».

 

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