Covid, l'infermiere di Cremona: «Ricominciamo a ricoverare casi gravi»

Covid, l'infermiere di Cremona: «Ricominciamo a ricoverare casi gravi»
di Alessia Strinati
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Sabato 11 Luglio 2020, 13:23 - Ultimo aggiornamento: 16:19

«Ci risiamo. Non è mia abitudine farmi dei selfie, né tantomeno pubblicarli su Facebook. Questo l'ho fatto questa sera alle 22 circa, al lavoro. Non è una foto di marzo o di aprile. In reparto abbiamo ricominciato a ricoverare pazienti COVID con gravi insufficienze respiratorie». Inizia in questo modo il post di Luca Alini, un infermiere di Cremona che da mesi è in prima linea contro il covid.

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L'uomo, che è stato contagiato ed è guarito dal virus, è tornato in corsia e ha voluto lanciare un messaggio a tutti ricordando che il virus non è scomparso, che esiste ancora, che fa vittime e fa paura. «Per ora la cosa è limitata, non come a febbraio o marzo o l'inizio di aprile, quando i COVID erano 30 su 30 in reparto più altrettanti ricoverati in altri reparti, quando su 30 pazienti 26 erano ventilati. Ma il Coronavirus non si è dimenticato di fare il suo lavoro, e da bravo virus fa quello che deve :infetta nuovi ospiti per sopravvivere. Niente di più e niente di meno».

Il rimprovero va a coloro che hanno abbassato la guardia, a chi non mantiene le distanze di sicurezza, a chi non indossa la mascherina: «Noi esseri umani, invece, dall'alto della nostra intelligenza ed evoluzione tecnologica e scientifica, facciamo finta che non esista, qualcuno pensa non sia mai esistito, altri che sia un 'invenzione delle case farmaceutiche o di qualche altra fantomatica lobby segreta. Niente di tutto ciò. Il virus esiste, non è magicamente sparito, e sta mietendo ancora vittime in altre parti del mondo».

L'appello di Luca è mirato anche a ricordare lo sforzo fatto da medici e tutti gli operatori sanitari che per mesi hanno lavorato con turni di 12 ore, che non hanno preso pause, ferie e che ora sono allo stremo delle forze e potrebbero non averne nel caso in cui dovesse verificarsi una seconda tragica ondata di contagi come quella di qualche mese fa. «Col senno di poi è facile parlare, soprattutto da parte di chi non era nei reparti a febbraio, marzo ed aprile. Ciò che abbiamo visto e vissuto in quel periodo non è spiegabile a parole. Solo chi c'era può capire:prima di tutto i pazienti (quelli che sono riusciti a sopravvivere), poi gli operatori sanitari e i parenti dei pazienti per quello che hanno passato, i lunghi periodi senza vedere i loro cari, le attese notturne di una telefonata che, per fortuna, nella maggior parte dei casi non è avvenuta. Solo questi possono capire cosa è stato il COVID, tutti gli altri parlano per sentito dire o ripetono quello che stava scritto sui giornali o che ha ripetuto fino alla noia la TV».
 

 

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