Covid, incubo del lockdown di Natale: vite sospese, piani stravolti. Così cambia la quotidianità

Vite sospese, piani stravolti: così cambia la quotidianità
Vite sospese, piani stravolti: così cambia la quotidianità
di Mario Ajello
5 Minuti di Lettura
Venerdì 16 Ottobre 2020, 00:25

E’ saltata la Pasqua, ma si sapeva. Ci siamo regalati Ferragosto, e abbiamo sbagliato. Ma ora c’è Natale dietro l’angolo. O forse non c’è. Devo prenotare in montagna o ai tropici oppure come dice Crisanti staremo tutti chiusi in un tristissimo ritorno al passato in lockdown, senza neppure lo svago di un mercatino o di un assembramento sotto l’albero? Il problema è che sotto il morso di questa escalation spaventosissima di contagi non solo non si può programmare a medio termine ma neanche a brevissimo. Non si può sapere che cosa sarà di noi tra due mesi e nemmeno come saremo domattina. In quarantena? Positivi con tosse e mancanza di respiro? Falsi negativi? Sintomatici o asintomatici o addirittura sani perché così ha detto il tampone a stretto giro ma non era scontato che ci sarebbe stato il test perché è una parola e un terno al lotto riuscire a farselo? Mica facile vivere così. In un film d’angoscia intitolabile Le Vite Sospese. 

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I DUE ATTI
Il prequel (la prima ondata) portava le sue certezze: stare chiusi in casa, tutto fermo, tutto bloccato, l’importante è non mettere il naso all’aperto.

E c’era perfino - vedi i balli sulle terrazze, gli anni cantati dalle finestre, le feste condominiali a distanza - chi la pensava come Alain Delon nella Prima notte di quiete (1972): «Non c’è che la mancanza di libertà a darti certe ventate di allegria». Macché, oggi nel sequel che racconta l’esistenza spaesata e sconvolta dei cittadini italiani alle prese con la seconda ondata domina il dramma delle incertezze. Neppure la cena si può prevedere. E se l’amico del mio amico che ha la fidanzata positiva, e io a Gigi (o a Chicco) l’ho incontrato l’altro giorno per caso e ci siamo presi un caffè, ha aperto una catena di contagi che è arrivata fino a me? Mi ritiro in quarantena in attesa di un tampone? Sconvolgo ogni impegno? Magari non ho niente ma aspetto di fare il test? Cambiano le agende, si sconvolgono i piani, si vive sul filo del rasoio.

La vita indecisa è l’Odissea di questi tempi. Devi telefonare ottantacinque volte per prenotare un tampone. E giocare la scommessa: la coda sarà di dieci minuti (impossibile) o di dieci ore? E’ più lunga lì, o è più corta nell’altro drive in? E il mal di gola è Covid o fastidio di stagione? Stavolta comunque il vaccino anti-influenzale lo faccio di sicuro, se non fosse che niente è sicuro e le dosi vaccinali beato chi le trova. Ci si può salvare da tutto questo facendo il negazionista, infischiandosi di sé e degli altri, ma solo se si è pazzi. Per tutti gli altri diventa quasi un rimpianto - ed è tutto dire - il pensiero di quando si usciva soltanto per fare la fila al supermercato e non c’erano altre forma di vita associata. E la quarantena era imposta universalmente, e slegata dal travaglio personale della libera scelta. 

Adesso, una prenotazione del treno per Torino domattina (previo studio accurato sul livello dell’indice RT in quella città) o per Milano (meglio di no?) non è affatto detto che venga utilizzata: magari la nipotina del mio collega ha infettato lui e lui sua mamma che è amica della mia e da mammà sono stato proprio l’altro sera perché m’ha fatto gli gnocchi e l’ho pure abbracciata... In queste condizioni ci si prepara al possibile lockdown e partono proposte tra amici: ci affittiamo una casa tutti insieme fuori Roma e ci rinchiudiamo lì dentro come al tempo della peste di Boccaccio (ma purtroppo non siamo capaci di scrivere il Decamerone)? Sì, si può fare però non è - sorgono subito i dubbi - che così ci appestiamo a vicenda e ancora di più? E allora non c’è niente di niente che sia minimamente certo. Ci s’interroga, ci si dilania, io dovrei fare questo ma chissà se lo farò, tu avevi promesso di venire alla mia festa (non più di sei persone) ma magari ti scopri falso negativo e salta tutto. Domani dovrei andare a prendere mia figlia, e sottolineo dovrei, perché - così ci si parla ormai - da qui alle prossime ore chissà che cosa succede. Ci si scopre positivi asintomatici o non c’è più scuola perché s’è trasformata in cluster.

PIGIAMA PARTY
Nelle chat delle mamme (dette anche chat di classe), dilaganti sempre e ora ancora di più, la questione di una bimba che deve fare il compleanno viene trattata così: «Il 3 novembre c’è la festa di Olga, invitiamo qualche amichetta per il pigiama party. Ma a voi chiediamo di fare prima il tracciamento delle ultime tre settimane di vita delle vostre figliole. Senza questa garanzia non può partire l’invito». 

E quei giovani che pensavano di poter fare l’Erasmus, avevano pianificato il prossimo spicchio di esistenza ma non sanno se partiranno, nessuno gli dice se lo potranno fare e quando e come. Le vite sospese, dunque. Ma lo sarebbero di meno se riuscissimo a sentire la struttura sanitaria territoriale, quella più vicina, solida e funzionante, e non così fragile da produrre quell’insicurezza che fa dire a molti di noi: domani? Boh...

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