Coronavirus, le aziende ripartiranno nelle aree meno a rischio

Coronavirus, le aziende ripartiranno nelle aree meno a rischio
Coronavirus, le aziende ripartiranno nelle aree meno a rischio
di Simone Canettieri
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Giovedì 9 Aprile 2020, 00:46 - Ultimo aggiornamento: 13:40

«Ancora non c'è nulla, c'è tutto e il contrario di tutto. Stiamo valutando». In queste parole che trapelano da Palazzo Chigi ci sono tutti i dilemmi che assediano la mente del premier Giuseppe Conte. Sempre più lacerato tra le spinte di Confindustria e i paletti rigidi del comitato tecnico scientifico che continuano a spingere - in asse con il ministro della Salute Roberto Speranza - per non cedere, per non abbassare la guardia, per evitare una seconda ondata. L'avvocato del popolo è solo. Gli alleati lo criticano, ma nessuno si prende la responsabilità di indicare una via. «Dobbiamo ragionare come se ci fosse un'economia di guerra», spiegano gli uomini più vicini a Speranza. Un modo per gelare gli ardori, compresi quelli del presidente del Consiglio, di chi in questa fase «guarda al Pil invece che agli effetti di un'ondata di ritorno».

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Ecco perché, dopo aver parlato di una fase 2 divisa in due step con prima le imprese e poi i cittadini, alla fine Palazzo Chigi domani è pronto a varare un Dpcm che conferma per almeno 10 giorni o forse due settimane un decreto che di fatto cristallizza tutte le misure di contenimento del virus. Per le imprese, ma anche per gli italiani. Si sta valutando in queste ore la possibilità di far partire gli stabilimenti dell'indotto legati alle fabbriche strategiche. Poi in una seconda fase si potrà anche pensare a un piano scaglionato per aree geografiche. Dove la curva è scesa potranno aprire una parte di stabilimenti industriali. Ma solo con un via libera dell'Inail che in queste ore ha mandato una relazione sui rischi del contagio a Palazzo Chigi. Ieri mattina il premier ha convocato una riunione con i capi-delegazione del governo. Nella maggioranza giallorossa in molti si sono detti «stupiti» della fuga in avanti di Conte sulla fase due. «In questo momento, politica e scienza devono andare a braccetto», è il mood di chi parla con Dario Franceschini, ministro della Cultura, rappresentate del Pd a Palazzo Chigi, «Conte ha creato troppe aspettative», dicono invece dal M5S. Da dove fanno trapelare un'altra riflessione: «La politica è ostaggio della scienza». Anche così si spiega il gioco di specchi in cui è costretto a vivere Conte. Formalmente nessuno, nella maggioranza, lo critica ma tutti dietro le quinte spingono affinché ci sia un'assunzione di responsabilità per evitare nuove beghe. Il problema è chi si prende le responsabilità di indicare una via. In tutte le salse, il ministro Speranza continua a ripetere che in questo momento storico non esistono i requisiti, cinque per l'esattezza, per far scattare una fase due delle imprese. Un'altra frenata è quella di Paola De Micheli, titolare del Mit, che infatti spiega: «No alla riapertura massiccia dopo Pasqua. Dobbiamo trovare un punto di equilibrio per evitare un contagio di ritorno». 

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Cautela rimane la parola chiave. Sul tavolo del ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli c'è dunque una lista molto minimal di imprese che dal 14 aprile riapriranno i battenti. Tutti segmenti strategici rispetto a quelli già attivi in quanto considerati cruciali per il sistema Paese. «Aprire o pensare di aprire sembra davvero molto difficile», dice infatti Ranieri Guerra, vicedirettore dell'Oms. Che aggiunge: «Non credo che il governo italiano voglia sobbarcarsi questo rischio», frasi che ieri hanno raffreddato le spinte di Conte verso una fase due. Non a caso anche il premier alla Bild ha parlato di «riaffacciarci» alla fase due. Una posizione più guardinga.

Anche perché nel frattempo non si continua a discutere sulle misure di allentamento sociale. In queste ore sta circolando l'ipotesi che il governo, già dal prossimo Dpcm in vigore da lunedì, possa in qualche modo allentare la pressione nei Comuni che hanno la fortuna di avere zero contagi. Oasi da valorizzare in uno scenario molto complicato. Come? Lasciando libertà di movimento, ma sempre all'interno del Comune di appartenenza, a patto che i residenti e gli abitanti usino tutti i dispositivi di sicurezza. Un modo per dare un messaggio di speranza in questa fase, dopo la fuga in avanti del capo del governo 24 ore fa. «Siamo consapevoli che il lockdown fa male alla nostra economia, ma allo stesso tempo una leggerezza potrebbe portarsi dietro una lunga scia di morti». Il dilemma di Conte è questo. E nel dubbio, pressato dal comitato tecnico-scientifico che risentirà anche oggi, preferisce frenare.
 

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