Ergastolo per Bossetti, a Brembate nessuno esulta: «Noi accusati di omertà, ma qui hanno sofferto tutti»

Ergastolo per Bossetti, a Brembate nessuno esulta: «Noi accusati di omertà, ma qui hanno sofferto tutti»
di Claudia Guasco
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Sabato 13 Ottobre 2018, 08:23
Dal nostro inviato

BREMBATE DI SOPRA - Alle cinque e un quarto del pomeriggio Fulvio Gambirasio, in sella alla sua bicicletta, imbocca il vialetto che porta al cimitero. Ha appena finito di lavorare, ha i pantaloni corti e gli scarponcini da cantiere. Entra ed esce in pochi minuti, il tempo di un saluto fugace a sua figlia, uccisa a tredici anni da Ignoto 1. La Cassazione ha stabilito che quel dna è di Massimo Bossetti, che vede chiudersi l'ultimo spiraglio di salvezza. La visita del padre sulla tomba di Yara, questa volta, ha un significato speciale. Vogliamo la verità, è stata, fin dall'inizio, la battaglia dei genitori. E adesso la verità è arrivata.

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PASSATO INGOMBRANTE
A Brembate la decisione definitiva dei giudici - fine pena mai per Massimo Bossetti - è accolta con sollievo dopo anni di inquietudine e sospetti. Gli innocentisti, ormai, sono uno sparuto e rumoroso gruppetto, tutti vengono da fuori. La vita del paese è un'altra: qui c'è la lapide di Yara con sua firma nella grafia da ragazzina e accanto la foto in cui sorride con l'apparecchio ai denti. In tanti hanno portato pupazzetti e piccoli angeli di ceramica, fiori bianchi e un'orchidea viola. Il cimitero è proprio di fronte alla palestra dove Yara, la sera del 26 novembre 2010, è scomparsa mente tornava a casa. Otto anni dopo qui non è cambiato nulla: le mamme che accompagnano i figli ai corsi pomeridiani, le ragazze della squadra di ginnastica ritmica di cui Yara era una promessa. Per diversi mesi il centro sportivo è stato al centro dell'inchiesta, che ha gettato un'ombra inquietante su un luogo che tutto il paese riteneva protetto. Gran brutto momento - ricorda sbrigativo uno degli addetti - Eravamo tutti sospettati. Adesso di quel periodo nessuno vuole nemmeno parlare, crea fastidio, imbarazzo e paura.



C'è il ricordo del terrore per l'uomo che si muoveva nell'ombra e rapiva i bambini. E la necessità di giustificarsi per le reazioni intolleranti dopo il fermo del manovale marocchino Mohammed Fikri, 23 anni, che lavorava nel cantiere di Mapello. Quando si è sparsa la notizia, davanti alla villetta dei Gambirasio si è fermato un suv dal quale è sceso un uomo che ha alzato un bersaglio con la scritta Occhio per occhio, dente per dente. Spiegando: Non ne possiamo più di questi immigrati, devono tornarsene a casa loro. A meno di cento metri dalla casa di Yara è stato appeso u n cartello con la scritta Marocchini fuori da Bergamo e altri striscioni simili sono comparsi nei paesi limitrofi. Sono stati giorni di tensione, noi come amministrazione comunale abbiamo smorzato i toni. Non è questo il sentimento della nostra gente, ricorda il sindaco di allora Dario Locatelli. Oggi del caso si discute con più pacatezza ai tavolini del bar in fondo a via Rampinelli, mentre la Panda grigia di Maura Panarese imbocca la strada verso il centro. Chi la avvista fa finta di nulla, in Cassazione si decide la sorte di Massimo Bossetti ma Brembate sembra su un altro pianeta. Bosetti è colpevole? Che si trovi il vero responsabile, senza pregiudizi, dice Laura in pausa caffè. Speriamo emerga la verità e non resti un caso irrisolto, aggiunge Carlo.

L'EX SINDACO
Chi cerca innocentisti o colpevolisti non deve venire a Brembate di Sopra, paese diviso tra la brutalità dell'omicidio di una tredicenne lasciata morire di freddo in un campo di stoppie e il fatto che l'imputato sia un carpentiere di Mapello, a tre chilometri da casa di Yara. Uno della comunità, che il sabato pomeriggio andava con la moglie a fare la spesa all'Eurospin e poi accompagnava i figli in piscina. Da quattro anni il carpentiere è in carcere, la madre Esther Arzuffi (il cui dna è stato un tassello chiave nelle indagini) è morta, la moglie Marita Comi lavora per un'impresa di pulizie. Il paese detesta le telecamere e non vede l'ora che della storia non se ne parli più. Ma l'ex sindaco, che conosce bene i suoi concittadini, ha un'altra opinione: Siamo stati bistratti per la nostra omertà, quando invece era rispetto delle persone e della famiglia».
 
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