Buon compleanno Giro d'Italia, 111 anni fa iniziava da Milano la sua storia inimitabile

Buon compleanno Giro d'Italia, 111 anni fa iniziava da Milano la sua storia inimitabile
Buon compleanno Giro d'Italia, 111 anni fa iniziava da Milano la sua storia inimitabile
di Massimo Sarti
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Mercoledì 13 Maggio 2020, 21:25 - Ultimo aggiornamento: 22:57
Che compleanno strano per il Giro d'Italia. Solo le due Guerre Mondiali lo avevano annullato o posticipato, prima di questa pandemia che farà epoca. Non è un compleanno da cifra tonda, di quelli che saltano subito all'occhio. Ma, per chi crede alla numerologia, il 111 ha anche il significato dei pensieri che diventano realtà. Esattamente 111 anni fa, il 13 maggio 1909, nasceva il Giro d'Italia, ora in pausa forzata e rimandato ad ottobre. Grazie al 111 vogliamo essere positivi, vogliamo pensare di tornare il più in fretta possibile ad un'esistenza “normale” anche grazie allo sport, dopo il buio di questo periodo.

D'altra parte il Giro nacque al buio. Perché il via della prima tappa venne dato in piena notte. Incolonnamento alle 2.53, partenza ufficiale alle 3. Tutto iniziò a Milano dal Rondò Loreto. O meglio, tutto era iniziato il giorno prima all'Albergo Loreto, che si trovava tra l'attuale viale Monza e l'attuale via Padova.

“La punzonatura è l'assegnazione dei numeri di corsa”: parola del Visconte Cobram in “Fantozzi contro Tutti”. Niente a che fare con il piatto regionale abruzzese, come da esilarante risposta del personaggio inventato da Paolo Villaggio. Ma la punzonatura è storicamente pure altro. In origine venivano applicati dei piombini ai telai e alle ruote delle biciclette. Ebbene, all'Albergo Loreto furono punzonati, tra virgolette marchiati, 128 corridori sui 165 che si erano iscritti al primo Giro d'Italia, voluto per completare la rincorsa in bicicletta del nostro Paese alla vicina Francia, che aveva fatto debuttare il Tour nel 1903.

Dopo la Firenze-Pistoia del 1870, le primissime e a intermittenza Milano-Torino (che debuttò nel 1876) e altre competizioni, il salto di qualità per il ciclismo su strada tricolore, in quanto a organizzazione e a partecipazione dei campioni dell'epoca, avvenne nel 1905, con la Corsa Nazionale e il Giro di Lombardia, entrambe vinte dal “Diavolo Rosso” Giovanni Gerbi. Nel 1907 ecco la Milano-Sanremo, con trionfo del francese Lucien Mazan, detto le “Petit-Breton”.

Nel 1908 l'idea di un Giro dell'Italia in bici. Che prese concretezza nel buio della notte, solo parzialmente mitigato dall'illuminazione dell'epoca, del 13 maggio 1909. 8 tappe da correre in giorni non consecutivi, con conclusione a Milano il 30 maggio. Punto più a Sud dello Stivale, Napoli. Totale 2448 chilometri. Si cominciò con i 397 da Milano a Bologna. Un attimo, c'è qualcosa che non torna. Sarebbero 200 chilometri o non molti di più, andando più o meno dritti. Non però, come si fece, transitando da Bergamo, Brescia, Verona, Padova, Rovigo e Ferrara.

Grande folla tra il Rondò Loreto e Corso Buenos Aires. Non solo atleti, ma anche auto del seguito. Confusione e curiosità popolare, tenute a bada con grande difficoltà dai ghisa, per dirla alla milanese, del tempo. E poi il buio e una caduta collettiva. Immediata. Dopo appena 1500 metri. E non di carneadi o atleti improvvisati. Il Diavolo Gerbi sarebbe ripartito dopo oltre tre ore, causa mezzo danneggiato. A terra anche Luigi Ganna, reduce dall'aver dominato la Milano-Sanremo e che avrebbe poi vinto quel primo Giro con classifica a punti, ottenuta cioè in base ai piazzamenti nelle 8 frazioni. Parentesi: se fossero stati calcolati i tempi, in cima all'albo d'oro della Corsa Rosa (anche se la maglia rosa ancora non esisteva, sarebbe stata introdotta nel 1931), ci sarebbe non il varesino, bensì il pavese Giovanni Rossignoli.

Forature, incidenti e cadute a ripetizione caratterizzarono inevitabilmente la tappa. Petit-Breton nei pressi del Lago di Garda fece un volo pauroso. Rimase intontito e con una spalla lussata. Ma andò avanti. Le auto dell'organizzazione raccontavano alla gente sulle strade le disavventure epiche di quegli eroi, in una sorta di radiocronaca ante litteram.

Dicevamo: Milano, Bergamo, Brescia, Verona, Padova, Rovigo, Ferrara. E infine Bologna. Sede d'arrivo l'Ippodromo Zappoli, fuori porta San Felice. Smantellato nel 1928, nel 1890 aveva addirittura ospitato un'esibizione dello show di Buffalo Bill. Quel 13 maggio 1909 visse il primo sprint del Giro d'Italia. Folla in delirio e pioggia. Il francese Louis Trousselier aveva tentato invano un'azione da finisseur. Ganna cadde ancora. Ultimo chilometro sull'anello dell'ippodromo e volata dopo 14 ore 6 minuti e 15 secondi di corsa. Terzo Carlo Galetti, squadra Legnano. Secondo Mario Pesce della Peugeot. Primo, con il numero 42, squadra Bianchi, Dario Beni.

Bianchi contro Legnano. Ci dice qualcosa. Dal 1946 sarebbe stato sinonimo di Fausto Coppi Coppi contro Gino Bartali. Torniamo al primo trionfatore fu Dario Beni, 20enne romano, futuro commissario tecnico della nazionale azzurra alle Olimpiadi di Berlino 1936 e dirigente della Federciclismo. Si sarebbe imposto anche nell'ultima tappa di quel primo Giro, con il ritorno a Milano. Tutto, insomma, partì dal bisnonno degli attuali velocisti, esattamente 111 anni fa. Pensiamo positivo: torneranno presto volate e scatti in salita.
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