Coronavirus, la Cina raccomanda una cura a base di bile di orso: scoppia la polemica

Uno degli orsi detenuti nelle cosiddette "fattorie della bile". (immagine pubblicata da Ansa)
Uno degli orsi detenuti nelle cosiddette "fattorie della bile". (immagine pubblicata da Ansa)
di Remo Sabatini
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Giovedì 26 Marzo 2020, 21:37 - Ultimo aggiornamento: 27 Marzo, 00:56
Per combattere il Coronavirus, la Cina avrebbe raccomandato l'uso di un farmaco a base di bile di orso. Diffusa dall'Eia (Environmental Investigation Agency) la ong internazionale di stanza a Londra che si occupa di conservazione della natura, la notizia sta facendo discutere gli ambienti scientifici e non solo che si interrogano sulla scelta operata da quel Paese, di promuovere un trattamento che contiene la bile degli orsi. Il farmaco in questione, come riportato dall'agenzia, si chiama Tan Re Qing.

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Il preparato, il cui principio attivo è appunto la bile estratta dagli orsi, è raccomandato per i casi più gravi e viene somministrato nell'ambito del Piano di diagnosi e trattamento Covid-19 tramite infiltrazione. Che cos'è la bile degli orsi? Liquido di supporto alla digestione e prodotto dal fegato, la bile viene immagazzinata nella cistifellea da dove, tramite tecniche invasive e dolorosissime, viene estratta a piacimento nelle cosiddette "fattorie della bile". Come si fa ad estrarre il prezioso medicamento? Prima di tutto servono gli orsi.
 


La specie più utilizzata è quella degli orsi dal collare, noti anche come orsi della luna (Ursus thibetanus) che, una volta catturati, sono costretti in gabbie piccolissime dove non riescono nemmeno a girarsi così che il catetere intestinale impiantato all'animale e collegato ad un rubinetto che fa defluire la bile nei secchi di raccolta, non si rompa. Ma non finisce quì perchè, quegli orsi, in quelle condizioni restano per anni. Talvolta per tutta la vita. Così, come illustrato da Eia, la scelta cinese di raccomandare un farmaco che contiene quella bile, è oltremodo crudele e inutile. Sì perchè da anni, lo stesso principio attivo è stato ricreato in laboratorio. Basterebbe usare quello per evitare inutili sofferenze.

A febbraio, il governo cinese aveva vietato il consumo della maggior parte degli animali selvatici terrestri. Una decisione positiva, se attuata in modo efficace ed etico. Tuttavia quel divieto non impedisce l'uso di prodotti della fauna selvatica e di animali minacciati nella medicina tradizionale cinese. Dalle scaglie di pangolino (sequestrate a tonnellate) alle ossa di leopardo e tigre, fino al corno di rinoceronte e alla bile degli orsi vivi, sono ancora molti gli animali che continuano ad essere in qualche modo utilizzati.

"Limitare il consumo di fauna selvatica mentre si promuovono medicinali che contengono parti di animali selvatici, ha dichiarato Aron White di EIA, esemplifica i messaggi contrastanti delle autorità cinesi in merito al commercio delle specie selvatiche. Un numero enorme di persone in Cina, ha concluso, ha chiesto maggiori restrizioni al commercio degli animali di specie minacciate per quasiasi scopo, compresi quelli che interessano la medicina tradizionale. Chiediamo ai legislatori cinesi di rivedere le norme di tutela della fauna selvatica. Soprattutto in questo drammatico momento storico che vede il mondo paralizzato dalla pandemia".       
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