Salute, quando la ricerca fa bene al cuore

Salute, quando la ricerca fa bene al cuore
di Elena Panarella
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Mercoledì 12 Settembre 2018, 16:25
Finanziare la ricerca scientifica per combattere ancora meglio le malattie cardiovascolari, patologie che colpiscono in maniera particolari gli anziani e, di conseguenza, destinate a crescere nel tempo con l’aumento dell’aspettativa di vita media. È questa la mission della raccolta fondi attivata da Cuore domani, fondazione onlus della Sicch (Società Italiana di Chirurgia Cardiaca), attraverso la campagna solidale 45587: si può donare da 2 a 5 euro con un sms da cellulare o una chiamata da rete fissa (info su www.cuoredomani.org). 

Il primo atto concreto della Fondazione consisterà nell’erogazione di 10 borse di studio di 15.000 euro ciascuna, che serviranno a promuovere e favorire due differenti momenti della lotta alle malattie cardiovascolari: comprendere i meccanismi e curare meglio e più efficacemente. Cinque borse saranno così devolute ad altrettanti giovani cardiochirurghi per sviluppare (in Italia o all’estero) ricerche innovative sui meccanismi molecolari alla base della patologia coronarica, valvolare o aortica. Le altre cinque, invece, serviranno a chi effettuerà un periodo di training (in Italia o all’estero) per il trattamento transcatetere, ovvero metodo non invasivo, della patologia valvolare o aortica.

«Se vogliamo sconfiggere le malattie cardiovascolari, ancor prima della cura dobbiamo lavorare e considerare la loro prevenzione - spiega Alessandro Parolari, presidente della Fondazione Cuoredomani -. Per prevenire dobbiamo conoscere quali sono i meccanismi biologici alla base delle malattie. In alcuni casi si tratta di meccanismi (genetici) che si ereditano dai propri genitori (ad esempio alcune forme di aneurismi dell’aorta o alcune malformazioni valvolari), talvolta la predisposizione genetica non esiste oppure esiste in parte ed è pesantemente influenzata dai nostri comportamenti e dall’ambiente in cui viviamo (inquinamento, ad esempio il fumo di sigaretta)». Prevenzione dunque, ma anche terapie innovative, mini-invasive e transcatetere che consentano di ridurre o addirittura abolire l’incisione chirurgica, teoricamente minimizzando il trauma conseguente alla procedura stessa. «Abbiamo bisogno di una nuova generazione di cardiochirurghi che siano sempre più competenti e preparati in queste tecniche alternative – rimarca Parolari -, e che soprattutto confrontino rischi e benefici di queste procedure per poter fornire ai nostri pazienti anziani la soluzione migliore, a minor rischio, e più efficace per il loro problema».
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