La prima: è finita l'anomalia italiana dei due populismi, uno di destra (la Lega) e uno di sinistra (i grillini), che si spartiscono il campo e non ce n'è per nessuno. Si torna invece, e la riprova sarà il voto in Sardegna il 24 febbraio, al bipolarismo classico: centrodestra contro centrosinistra e viceversa. Infatti Legnini ha in parte preso voti ai 5 stelle, perché non tutti dei 176.841 consensi persi da Di Maio sono finiti a Salvini (che ha rosicchiato da quella parte ma anche presso Forza Italia che è precipitata sotto il 10 per cento).
La lezione Legnini dice questo: quando viene schierato un candidato autorevole (e l'ex vice presidente del Csm lo è in dosi massicce e riconosciute perfino dai leghisti), una figura capace di essere trasversale perché pragmatica e non ideologica, un personaggio radicato nel territorio e non paracadutato da qualche nomenklatura, il centrosinistra può tornare in partita, anche se il campo di gioco - l'Italia al tempo del populismo e del rigetto verso la competenza - è profondamente minato.
Ma sminabile: e questo è il bello della politica.