Ulcera carnivora, l'epidemia misteriosa:
«Non sappiamo come si diffonde»

Dall'Africa all'Australia, la malattia mangia pelle si diffonde
Dall'Africa all'Australia, la malattia mangia pelle si diffonde
di Salvatore Maria Ferrarelli
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Martedì 17 Aprile 2018, 13:38 - Ultimo aggiornamento: 15:05
Definita come ‘'l’ulcera carnivora’’ quella del Buruli è la nuova spaventosa malattia epidemica che si sta diffondendo in Australia del sud e che porta all’indebolimento del sistema immunitario e alla morte degli organi.

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E’ un allarme secondo i medici australiani l’aumento dei malati di questa infezione che nella loro nazione è salito del 400% in meno di cinque anni, oggi migliaia di persone sono affette da una malattia tanto logorante quanto sconosciuta.

Un’epidemia che ha avuto il suo picco in pochissimo tempo e che ha colpito zone del sud dell’Australia, lasciando immaginare che a sia stata facilmente veicolata da alcuni fattori in quel territorio.

Non è per niente facile conoscere come la malattia sia stata contratta da tutte queste persone; l’ipotesi più veritiera sembra quella degli insetti e di alcune piante che possono essere vettori di questo batterio.

Secondo alcuni studi giapponesi la causa della malattia potrebbe essere anche dovuta alla presenza del batterio in questione in molte falde acquifere sia in Australia sia Africa.

Le uniche cose note che si sanno sull’ulcera del Buruli è che è appunto tipica dell’Africa subsahariaha e può portare a disabilità permanenti.

Schiena, viso e arti inferiori sono le parti del corpo maggiormente colpite ed è difficile definire un programma di prevenzione per questa malattia che condivide il corredo genetico con malattie come lebbra e tubercolosi.

In qualunque stato evolutivo si trovi, l’ulcera del Buruli, può essere curata con un mix di alcuni forti antibiotici per almeno due mesi, le linea guida sono definite dall’organizzazione mondiale per la sanità.

Interventi chirurgici, ricostruzioni e fisioterapia sono la soluzione a quei soggetti gravemente colpiti, ma i tempi di recupero totale dei soggetti affetti resta maggiore all’anno di cure.
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