Emergenza carceri, la Consulta: no a rinvio pena per sovraffollamento celle

Napolitano in visita nel carcere di Poggioreale a Napoli
Napolitano in visita nel carcere di Poggioreale a Napoli
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Mercoledì 9 Ottobre 2013, 11:36 - Ultimo aggiornamento: 10 Ottobre, 14:00
La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione sollevata dai tribunali di sorveglianza di Venezia e Milano che puntava ad ampliare i motivi per cui può essere differita l'esecuzione di una condanna in carcere, introducendo fra essi anche il sovraffollamento carcerario e le condizioni disumane di detenzione.



A meno di 24 ore di distanza dal messaggio del capo dello Stato sulle carceri, la Corte costituzionale si pronuncia dunque sulla questione spinosa del sovraffollamento dei penitenziari per la quale l'Italia è già sorvegliata speciale in Europa, dopo la sentenza Torreggiani che ha imposto al nostro Paese di adottare rimedi concreti entro un anno.



Il messaggio di Napolitano sull'emergenza carceri



«La Corte costituzionale nell'odierna Camera di consiglio - spiega la Consulta in una nota - ha ritenuto inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali di Sorveglianza di Venezia e di Milano, dirette a consentire alla magistratura di sorveglianza il rinvio dell'esecuzione della pena previsto dall'art. 147 del codice penale anche nel caso in cui la stessa debba svolgersi in condizioni contrarie al senso di umanità per il sovraffollamento carcerario. La Corte ha ritenuto di non potersi sostituire al legislatore essendo possibili una pluralità di soluzioni al grave problema sollevato dai rimettenti, cui lo stesso legislatore dovrà porre rimedio nel più breve tempo possibile. Nel caso di inerzia legislativa - conclude la Consulta - la Corte si riserva, in un eventuale successivo procedimento, di adottare le necessarie decisioni dirette a far cessare l'esecuzione della pena in condizioni contrarie al senso di umanità».



La Consulta doveva pronunciarsi sulla legittimità dell'articolo 147 del codice penale, laddove non prevede, tra le ragioni che consentono di differire l'esecuzione di una condanna in carcere, le condizioni disumane di detenzione, cioè il fatto che la pena debba essere scontata in penitenziari che scoppiano e che non garantiscono al singolo detenuto nemmeno quei tre metri quadrati a testa indicati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.



A sollevare la questione i tribunali di sorveglianza di Venezia e Milano, che avevano chiesto alla Consulta una sentenza additiva: cioè di aggiungere il sovraffollamento carcerario tra le cause che permettono di far slittare l'esecuzione della pena. Una soluzione che avrebbe permesso a tutti i tribunali di sorveglianza di rimediare concretamente ai tanti casi in cui la detenzione, a causa del sovrappopolazione carceraria, si concretizzi in un trattamento disumano e degradante.



Erano stati i giudici di Venezia a porre per primi il problema: a loro si era rivolto un detenuto del carcere di Padova, ristretto in una cella dove il suo spazio vitale era inferiore ai tre metri quadrati; con la richiesta esplicita di differire l'esecuzione della pena, visto che in queste condizioni era contraria al senso di umanità e al principio di rieducazione, oltre che lesiva della sua stessa dignità.



Analoga l'istanza presentata ai magistrati di Milano da un detenuto del carcere di Monza, che aveva equiparato a tortura le modalità di detenzione subite: in tre erano ristretti in una cella talmente piccola da non poter scendere dal letto contemporaneamente; e avevano un bagno senza porta, privo anche di acqua calda.



Richieste ritenute meritevoli dai giudici che però si sono ritrovati con le mani legate. Attualmente l'articolo 147 del codice penale consente infatti di spostare l'esecuzione della pena solo in casi specifici: gravidanza, puerperio, Aids conclamata o altra malattia particolarmente grave. Di qui la decisione di investire la Consulta. Che però ha ritenuto inammissibile la questione.