Iva, dal pane ai fiori
l'assurda giungla dell'imposta

Iva, dal pane ai fiori l'assurda giungla dell'imposta
di Roberta Amoruso
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Venerdì 20 Settembre 2013, 09:47
Qualcuno prima o poi dovr spiegarlo perch quando si parla di Iva ancora oggi come entrare in una giungla. Basta scorrere le tabelle dell’imposta più odiata dai consumatori per perdersi nelle contraddizioni delle tre aliquote (4%, 10% e 21% prossima al 22%) che si spartiscono i beni e i servizi venduti in Italia. Chi l’ha detto infatti che pasta e riso, almeno per la dieta italiana, sono prodotti equivalenti? Per il fisco italiano non è certamente così visto che un kilo di pasta se la cava con un’Iva al 4%, mentre il riso va tassato con il 10%, con buona pace degli amanti delle bacchette. E chissà perchè un litro di latte fresco finisce tra i prodotti super-agevolati (4%) mentre lo stesso cartoncino, se nella categoria dei prodotti conservati, schizza al 10%. Questione di conservanti? Evidentemente si, ma i conti non tornano lo stesso. Neanche sul pane si può stare tranquilli. Lo sanno bene le Federazioni dei panificatori. Dunque, se la pagnotta è prodotta con sfarinati di grano, acqua e lievito, nessun pensiero. E’ concessa anche un’aggiunta, purchè sia burro, olio di oliva e strutto, latte, mosto d’uva, zibibbo ed altre uve passe, fichi, olive, anice, origano, cumino, sesamo, malto, saccarosio (non zucchero, attenzione) e destrosio. Fin qui un kilo di pane è tassato al 4%. Ma solo se c’è un po’ di zucchero in più, allora no, da «panetteria ordinaria» si passa a «panetteria fine», trattata come i pasticcini o la caramelle (l’Iva è al 10%). Se poi sul pane ci sono dei semi di girasole o di sesamo meglio chiedere un’interpretazione autentica dell’ultima circolare al Tesoro. E che dire dei meloni tassati al 4%, mentre le scorze sono al 10% (come quelle dei limoni? Se poi siamo ghiotti di verdure, alimento che non deve mancare mai sulla tavola (almeno così dicono i dietologi) allora è bene sapere che i vegetali freschi o refrigerati, stabilisce sempre il fisco, ci costano solo il 4% di Iva, mentre quelli conservati vanno classificati tra prodotti di lusso (10%), quelli per intenderci che sono allo stesso livello di un’astice o di un’aragosta.



Se poi pensiamo di comprare una birra o un caffè al supermercato, si passa davvero ai livelli alti, vero super-lusso visto che si arriva al gradino più elevato, il 21%. Tanto vale sedersi al bar. Il conto più alto è assicurato, ma almeno si paga il servizio perchè l’Iva che arriva al Tesoro è solo il 10%. Piccoli dettagli che fanno la differenza anche quando ci sceglie dove bere il caffè.



Che rompicapo poi per un fioraio che nel fare una composizione deve tener conto dell’aliquota al 21% per i fiori e del 10% per eventuali fogliami o piante inserite all’interno. Anche qui la logica sfugge e rimangono gli interrogativi: è così difficile semplificare le cose?
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