Max Cavallari: «Il malore di Bruno Arena a Zelig, dopo non riuscivo ad andare a trovarlo. Benigni ci faceva il mazzo»

Il comico dei Fichi d'India parla dell'amico scomparso e ripercorre alcuni momenti della loro carriera

Max Cavallari: «Il malore di Bruno Arena a Zelig, dopo non riuscivo ad andare a trovarlo. Benigni ci faceva il mazzo»
Max Cavallari: «Il malore di Bruno Arena a Zelig, dopo non riuscivo ad andare a trovarlo. Benigni ci faceva il mazzo»
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Domenica 19 Marzo 2023, 17:34

Max Cavallari, storico componente dei Fichi d'India, dal 2013 si è ritrovato costretto a proseguire la sua carriera da solo dopo che il suo compagno di scena Bruno Arena è stato colto da un grave malore, fino alla morte avvenuta il 22 settembre dell'anno scorso. Max non ha mai abbandonato il suo migliore amico, anche se, come ha confessato in una lunga intervista al Corriere della Sera, per qualche tempo ha fatto fatica ad andare a trovare Bruno: «Faceva malissimo vederlo così. Non riuscivo a fare niente, non mi alzavo dal letto, non riuscivo a fare gli spettacoli. Senza di lui non ero più io un attimo». 

Il racconto

«Maledetto 17 gennaio. Bruno lo sapeva che il 17 gli portava male. Dalle sue agende il 17 di ogni mese era cancellato, una riga dopo l’altra. Vent’anni fa il primo incidente, quello in auto che gli ha lasciato le cicatrici sulla fronte, è avvenuto il 17: uno gli aveva tagliato la strada», racconta il comico ricordando il giorno del malore durante una puntata di Zelig. «Continuo a chiedermi se avrei potuto accorgermi di qualcosa. C’era la giacca intrisa di sudore, aveva litigato con uno degli autori: ci chiedevano i ritmi di Ahrarara ma la nostra età ormai era quella che era. Lui sale sul palco carico, troppo. Deve fare il dinosauro. Cade a terra, il pubblico pensa a una gag e ride. Inizia a sbattere un braccio.

Silenzio. C’è un medico? No. Dicono: è una congestione. L’ambulanza parte in giallo. Invece era un aneurisma. Speravo migliorasse e invece non migliorava. Non avevo più voglia di fare nulla. Alla fine, però, con lui vicino ho capito di dover tornare sul palco. Un po’ per entrambi». 

I ricordi

Max ripercorre poi la loro carriera, tra alti e bassi, fino a quando Benigni affida alla coppia la del gatto e la volpe nel suo «Pinocchio». «Nel 1999 facevamo il Dopofestival con Fabio Fazio, Alessia Marcuzzi, Teo Teocoli. Teocoli ci fregava le battute e noi eravamo in una situazione d’imbarazzo. Cioè, Teocoli lo faceva per scherzare ma per noi non era semplice. Benigni ha raccontato di aver pensato: guarda questi che fanno ridere anche se sono imbarazzati...». «Immaginatevi Benigni che vi scruta, come sa fare lui. Tu hai gli occhi in giù - ero io - un po’ tristi, come un gatto che se si arrabbia sono dolori. Tu - era Bruno - hai l’occhio furbo. Siamo entrati nel cast. Benigni annuncia: vi viene a prendere il mio autista. Poi si presenta un signore con una Opel scassata. Mi dico: siamo su Scherzi a parte. Roberto per tutti i suoi film ingaggiava persone che non avevano lavoro e dava loro uno stipendio. Era così per l’autista, la macchina era la sua personale. Per Roberto la squadra è tutto». Poi qualche anneddoto dal set «Noi non studiavamo mai niente, improvvisavamo. Roberto ci faceva il mazzo: adesso immaginiamo che il Gatto e la Volpe abbiano imparato la parte, in sei o sette ore dovremmo farcela... Ha scelto molti dei nostri girati fuori copione, forse per disperazione». E quelle parole bellissime. «Due clown meravigliosi, inarrestabili, indefinibili».

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