PORTO SANT’ELPIDIO - Teatro Gigli, non fu vera gloria. La maestra Angela Serafini e il suo gruppo di amici tornano a farsi sentire dopo il taglio del nastro del polo culturale in piazza Garibaldi. Una battaglia lunga, partita dalle trincee contro il progetto di un edificio da realizzare al posto dell’ex Comune, proseguita con il vincolo della Soprintendenza sui lavori per l’ex cinema e approdata ora all’ultimo scontro sull’opera ormai terminata.
Il passato
Serafini rimarca che adesso tutti si lanciano con grande enfasi a elogiare la struttura restituita alla città, in tanti si vantano di aver «ridato vita al Gigli», dimenticando però che «volevano - sottolinea - raderlo al suolo perché era mostruoso e ingombrante.
Per il gruppo, invece, il Gigli non solo non è tornato teatro, ma neppure l’ombra di ciò che era e che poteva tornare a essere. «Viene chiamato polo culturale per la presenza di una biblioteca per giovani, di una saletta per incontri e di un’ampia zona commerciale nella parte restante del piano terra, ma probabilmente il vero polo culturale sarà tutto il commerciale che si realizzerà. Ci stupiamo nel sentire che ora il vincolo per il teatro diventa così importante da far dire al vicesindaco che “la fruibilità della struttura da parte della cittadinanza sarà ottima e di qualità”. Ma cosa significa? Che se non si è belli, intelligenti e laureati non si potrà entrare al Gigli? Qualche amministratore ha anche detto che “con il grande sforzo economico di questa amministrazione, il Gigli è diventato patrimonio pubblico e tutti dobbiamo esserne orgogliosi”. Ma il teatro era già patrimonio di tutti noi, per questo chiedevamo di riaverlo come tale».
I nodi
La contestazione principale riguarda quindi l’uso dell’ex cinema, per decenni simbolo della piazza principale: «Gli amministratori - la chiosa - si vantano ma in realtà non hanno salvato loro il Gigli; non lo hanno restaurato e tanto meno in modo conservativo; non lo hanno riportato agli usi per cui era nato come dettato dallo stesso Ministero; non hanno agito secondo le richieste e le aspettative dei cittadini. E ancora più grave è che una “cosa” pubblica sia stata pagata con un grosso mutuo a carico della cittadinanza».
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