Fim, fari puntati sulla bonifica in un'atmosfera sempre più calda: «Dal 2002 qui è cambiato tutto»

Fim, fari puntati sulla bonifica in un'atmosfera sempre più calda: «Dal 2002 qui è cambiato tutto»
Fim, fari puntati sulla bonifica in un'atmosfera sempre più calda: «Dal 2002 qui è cambiato tutto»
di Sonia Amaolo
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Sabato 24 Luglio 2021, 11:49

PORTO SANT’ELPIDIO  - Bonifica Fim, in attesa della Conferenza dei servizi, con l’abbattimento e la ricostruzione della vecchia fabbrica di concimi, Mauro De Angelis fa la cronistoria della vicenda infinita. La fase di stallo, dice, non è voluta dalla società proprietaria dell’area. Sul caso nei giorni scorsi anche le critiche di Legambiente che chiedeva di salvare la cattedrale sulla base della relazione commissionata dal Tar nel 2002 a Francesco Deodato.


«Legambiente, chiamando in causa le istituzioni, dimentica - dice De Angelis - che dal 2002 si sono già espresse. E dimentica anche quali erano le condizioni strutturali e di conservazione della cattedrale all’epoca, rispetto alle quattro mura inquinate di oggi». L’imprenditore torna al 2005, alla gara indetta dal Comune per il progetto di bonifica. Nel 2007, dopo lunghe indagini, di concerto con le istituzioni (Soprintendenza compresa) la Conferenza dei servizi approvava il progetto che prevedeva di rimuovere il terreno sotto la cattedrale e la sabbiatura delle mura. Avviati i lavori è emerso che le strutture in legno, compresa buona parte del tetto della cattedrale, erano crollate. Si rilevò anche la forte contaminazione delle pareti inquinate e dell’area fino a tre metri di profondità a terra.

Tutto questo Deodato non poteva saperlo (nel 2002) perché il progetto di bonifica fu approvato nel 2007. Nel 2011 la Soprintendenza autorizzò la demolizione di una parte della struttura. Partirono bonifica e messa in sicurezza «che, da sola, ci è costata 1,3 milioni, e solo questa spesa dovrebbe far comprendere la volontà dell’azienda di procedere alla conservazione della struttura esistente» sottolinea De Angelis.

In questa fase le prove di sabbiatura hanno dimostrato l’impossibilità di procedere. Diversamente l’edificio sarebbe potuto crollare. E siamo a oggi: «Nessuna istituzione, né un professionista abilitato sono disposti a rilasciare un certificato che attesti la possibilità di scavare tre metri sottoterra senza che esista il pericolo crollo – rimarca l’imprenditore : abbiamo chiesto un contributo a Legambiente nazionale, invitando a un sopralluogo, ma non è stata avanzata una proposta valida e alternativa a quanto previsto nel progetto di bonifica approvato dalla conferenza dei servizi».


Il 23 agosto 2018 la società presentò alla Soprintendenza e al segretario regionale del Mibact la revisione del vincolo. Ne seguì il parere negativo dei comitati tecnico-scientifici, che rigettarono l’istanza senza, però, specificare tecniche alternative alla sabbiatura. Per questo la proprietà ricorse al Tar che, il 24 marzo, accolse le istanze, evidenziando la debolezza del report dei comitati tecnico-scientifici. E siamo a luglio 2021: «Siamo in un limbo dove tutto è sospeso e nessuno ha chiarito quale tecnica debba essere utilizzata per conservare il manufatto in sicurezza, nessuno è in grado di definire i tempi di ripresa dei lavori – chiosa De Angelis -: speriamo si trovi la soluzione nella prossima Conferenza dei servizi»

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