Fim a Porto Sant’Elpidio, il costruttore replica all’appello degli ambientalisti: «La demolizione è l'unica strada possibile»

Fim a Porto Sant’Elpidio, il costruttore replica all’appello degli ambientalisti: «La demolizione è l'unica strada possibile»
Fim a Porto Sant’Elpidio, il costruttore replica all’appello degli ambientalisti: «La demolizione è l'unica strada possibile»
di Sonia Amaolo
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Lunedì 10 Gennaio 2022, 08:30

PORTO SANT’ELPIDIO -  «Non è questione di soldi ma di cosa è possibile fare e cosa no». Alberto Simonetti risponde alla cordata di associazioni ambientaliste che si battono contro la demolizione della vecchia fabbrica di concimi sul lungomare.


Con il 63% di quote, la partecipazione azionaria più ampia nella società che possiede il complesso Fim, l’imprenditore civitanovese parla delle prossime azioni: riavviare la bonifica dell’area e della palazzina uffici e demolire la fabbrica per ricostruirla ex novo. Legambiente fa la voce grossa, supportata dall’Archeoclub di Carassai, dal Comitato Tutela Rocca Montevarmine, Italia Nostra, Kayak Picenum, Laudato sì circolo di Montottone, Lipu Fermo, la Fabbrica delle Idee. Tutti questi soggetti, insieme, dicono che la fabbrica non va demolita, che si deve restaurare e – prima di tutto – che deve ripartire la bonifica del terreno. Da una parte ci sono gli imprenditori proprietari: Alberto Simonetti e Mauro De Angelis dell’Ecoelpidiense.


Dall’altra parte ci sono gli ambientalisti convinti che, all’interesse privato, non corrisponda l’interesse pubblico sull’area.

Questi ultimi vogliono dire la loro, assicurano di avere a disposizione esperti capaci di dimostrare la possibilità di bonifica della cattedrale. Ma «si tratta solo di prendere atto della realtà – dice Simonetti – e non ci sono dubbi sul fatto che la cattedrale non può essere bonificata, quindi va demolita e ricostruita. Non si può ristrutturare qualcosa che non c’è più e l’80% della struttura è venuta meno. La Palazzina Uffici è recuperabile e difatti la recuperiamo, ci spendiamo un milione e mezzo, quindi la cederemo al Comune. Se fosse stato possibile recuperare la cattedrale, l’avremmo fatto».

Katia Fabiani, Pasquale De Angelis, Sadia Zampaloni hanno ribadito che l’amministrazione dovrebbe costringere la proprietà a bonificare. Simonetti ricorda la variante, il progetto di recupero e dice che sarà fatto tutto secondo regola. Si procederà per step, sei fasi di lavoro che comprendono bonifica e costruzioni. Quindi vendita sul costruito. E poiché nessuno compra per andare a vivere accanto a un rudere, prima di tutto bisogna mettere le mani sulle quattro mura che restano del vecchio opificio. «La bonifica costa 15 milioni – dice la proprietà – ne abbiamo investiti 6, ne restano 9 e noi siamo pronti. Sono nel settore edile da 40 anni, conosco i materiali più innovativi e dico con assoluta convinzione che non esiste un modo per bonificare la cattedrale. Per noi non è questione di soldi, è questione di cosa si può fare e cosa no».

I consiglieri dell’opposizione - eccetto Giorgio Marcotulli di Fratelli d’Italia - non hanno partecipato alla chiamata di Legambiente per la conferenza online di sabato che ha invece suscitato l’interesse delle associazioni di fuori Porto Sant’Elpidio, da Fermo a Carassai passando per Montottone.

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