Ragazzo dello staff positivo al Covid: lo chalet sul lungomare sgombrato all'ora dell'aperitivo

Lo chalet Nomad sul lungomare di Porto San Giorgio
Lo chalet Nomad sul lungomare di Porto San Giorgio
di Francesca Pasquali
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Martedì 8 Giugno 2021, 02:40

PORTO SAN GIORGIO  - Chiuso per Covid lo chalet Nomad, sul lungomare sud di Porto San Giorgio. Domenica sera, all’ora dell’aperitivo, i clienti sono stati invitati a lasciare il locale. Poco prima, era arrivata la conferma che un membro dello staff era risultato positivo al tampone rapido


Il ragazzo, asintomatico, non era al lavoro. Era rimasto a casa per precauzione, dopo che, nel pomeriggio, la fidanzata aveva scoperto di avere il Covid. Da lì, è scattata la profilassi, con lo svuotamento del locale, che adesso dovrà essere sanificato, e i tamponi molecolari per tutto il personale, al momento senza sintomi. «Faremo di tutto per far rientrare il prima possibile la situazione, con la massima trasparenza, onestà e collaborazione», spiega Marco Cordola, che gestisce il Nomad assieme a Paola Cesetti, Marco Capanna e Chiara Capesciotti.

«Non è stato facile – prosegue –, in una domenica estiva e a due settimane dall’apertura, decidere di chiudere. Ma, a mente fredda, siamo convinti che è stata la decisione migliore per garantire la salute di staff e clienti. Forse la meno commerciale, ma sicuramente la più etica. Quando riapriremo, sarà come un nuovo inizio». Ieri, i telefoni della Croce Azzurra hanno squillato all’impazzata. All’altro capo, clienti e frequentatori del locale, più o meno allarmati e smaniosi di fare il tampone. Anche se, spiega il presidente della pubblica assistenza, Gilberto Belleggia, adesso è troppo presto. Devono passare almeno cinque o sei giorni, se non si manifesta prima qualche sintomo.

O la fine della quarantena preventiva. Che, però, per ora, non è stata disposta per nessuno di quelli che erano nello chalet. Ieri, il ragazzo positivo è stato contattato dal Dipartimento di prevenzione dell’Area vasta 4, assieme agli altri sei nuovi positivi del Fermano, tutti scollegati tra di loro. 


«Nessun focolaio – assicura il direttore del servizio, Giuseppe Ciarrocchi –, ma casi isolati». È proprio Ciarrocchi a frenare gli allarmismi. «Si parla di focolaio – dice – quando ci sono raggruppati pochi casi in una comunità o in un ambiente circoscritto e, a oggi, questo non si è verificato». Stare all’aperto, bassa circolazione del virus, mascherine, distanze e vaccini, per il medico, sono tutti fattori che abbattono la probabilità di contagio. Sarà il Dipartimento di prevenzione, sulla base dell’indagine epidemiologica e del tracciamento dei contatti del ragazzo, a decidere se mettere o no qualcun altro in quarantena e quando il locale potrà riaprire. Buone notizie arrivano, intanto, dall’ospedale “Murri”. 


Dove, da domenica, è stata chiusa la Terapia intensiva Covid. L’ultimo paziente ricoverato è stato trasferito in Malattie infettive, dove i degenti ieri erano sedici. I locali sono stati sanificati e rimessi a disposizione del reparto “pulito”. Quarantacinque i ricoverati positivi nella Rsa di Campofilone, dieci quelli all’Inrca di Fermo. Numeri rincuoranti arrivano anche dalle quarantene: 251 le persone del Fermano che ieri erano in isolamento (-36 rispetto a domenica), di cui di cui 49 sintomatiche (-6).

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