MONTEGRANARO - La Russia oggi, con lo spettro che possa diventare un Paese chiuso, in stile Corea del Nord. Ma c’è anche chi, spendendo un decennio della sua vita aziendale, ha saputo evitare il ko, rinunciando alla spinta russa, preferendo Europa e Italia. Oggi ultimo giorno di Micam ma inevitabilmente tengono banco due temi: come affrontare il black out russo e il rialzo dei costi. Intanto nel 2021 Macerata ha asfaltato Fermo sull’export: +26,7% sul 2020 contro il +3,6% per Fermo che però si è rifatto col numero delle aziende perse: 65 per Fermo (-3,3%) contro le 43 di Macerata ma -5,2%.
Al momento le spedizioni tra Marche e Russia viaggiano regolarmente mentre per i pagamenti la soluzione sembra essere il circuito cinese Unionpay .
«C’è anche chi ha perso il lavoro e sta fuggendo dalla Russia» osserva Violetta che conferma anche il ricorso al mercato grigio per poter sdoganare le merci e evitare i costi, oltre ad una rivendita più conveniente. Il futuro della Russia è una grande incognita. C’è chi è convinto che non morirà e chi invece afferma che sparirà per almeno un decennio. Ma comunque tutti vorrebbero rimettere indietro l’orologio e cercare di gestire l’exploit della Russia diversamente. Chi lo ha fatto anni fa è Marco Cappella del calzaturificio Rossi di Montegranaro. “Prima vendevo 65% Russia e 35% Europa e Italia. Ho impiegato un decennio per invertire queste percentuali. Come? Partendo dal prodotto, facendo ricerche, creando una rete vendita e agenti distributori». Cappella ha rinunciato ai facili guadagni provenienti dalla Russia per equilibrare il proprio business. «Quindici anni fa si vendeva il prodotto classico e i calzaturifici italiani primeggiavano. Poi, con la globalizzazione, è arrivata la sneaker e c’è stato un grandissimo calo» spiega Cappella.
Per Paolo Silenzi del marchio Paul Silence, e presidente Cna Marche: «C’è spazio per vendere in Europa. Ma bisogna adeguare il prodotto e fare comunicazione. Come dare slancio a questa possibilità con le aziende in difficoltà? Ristori sulle scarpe invendute che tra qualche mese perderanno l’80% del loro valore, cassa integrazione straordinaria e ristrutturazione del debito per poter pagare i fornitori e non far soffrire la filiera. Una volta tamponata la situazione si può pensare ad incentivi per l’internazionalizzazione».