Il medico tornato in servizio si racconta a cuore aperto: «È il mio lavoro, ho vissuto questo momento come se fosse il primo giorno»

Il dottor Giuseppe Tappatà durante la cerimonia
Il dottor Giuseppe Tappatà durante la cerimonia
di Francesca Pasquali
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Venerdì 4 Giugno 2021, 08:10

MONTEGRANARO -  Uscire dall’ospedale come primario di Rianimazione a Macerata e tornarci come medico “semplice”. È successo a Giuseppe Tappatà, richiamato in servizio poco dopo la pensione.


Dottore, com’è stato tornare in reparto?
«Dopo 38 anni di servizio, come fosse il primo giorno. Ora non sono più il direttore del Dipartimento di emergenza urgenza, ma un operatore sanitario. Sono ruoli e responsabilità diversi».


Perché ha deciso di rimettere il camice?
«Il 14 maggio 2020, a 70 anni, ho smesso di lavorare. Poco dopo, la direzione dell’Asur mi ha chiesto di tornare e l’ho fatto. Sono tornato il 4 novembre. È il lavoro che ho scelto, al di là di questa situazione drammatica, quello per cui ho vissuto».


Come ha trovato l’ospedale?
«La prima ondata è stata caratterizzata dalla non conoscenza della patologia e dalla mancanza di strumentazioni e dispositivi, ma anche da un’attenzione e da una tempestività diverse.

L’aspetto più evidente della seconda è stata la stanchezza del personale, perché si veniva da un anno senza pause».


Il riconoscimento se l’aspettava? 
«Lo vivo come una sorpresa e come rappresentanza della categoria di cui faccio parte. Non pensavo di fare qualcosa di eccezionale. Come in tutte le guerre, ci sono quelli che cercano di mettersi ai margini e quelli che affrontano quello che c’è da affrontare».


Lei è tra quelli che s’è battuto per il Covid Hospital di Civitanova. Ha avuto ragione?
«L’ho difeso quando si diceva che sarebbe costato troppo. Dicevo: “Se dovesse riaccadere, sarà un sistema di tutela”. Così è stato. Stavolta non ci sono stati problemi con le attrezzature, ma quelli per il personale sono rimasti. Senza il personale tornato in servizio, sarebbe stato ancora più problematico».


E l’autunno?
«Sembra che le vaccinazioni stiano funzionando. Se andremo avanti così, ci sarà ancora una permanenza del virus che si trasformerà in una comune influenza e che, se colpirà qualcuno, lo farà con effetti meno devastanti».

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