Monte Urano, l'Imam: "Questa è l'Italia
non quella che ci vogliono far credere"

Un momento dell'incontro alla festa di fine Ramadam
Un momento dell'incontro alla festa di fine Ramadam
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Venerdì 17 Luglio 2015, 18:10 - Ultimo aggiornamento: 18:44
MONTE URANO - ​ Ci consideriamo cittadini italiani e diamo il nostro contributo per il bene della società".

"Siamo tutti uguali e vogliamo il bene di tutti. Chi semina odio non è portatore dell'Islam ma è uno che vuole colpire l'unione della società conducendola verso l'ignoto".



E' uno stralcio del discorso pronunciato questa mattina dall'Imam del Fermano Abdellah Labdidi presso la palestra della zona artigianale del centro calzaturiero dove si sono radunati circa 1.500 musulmani per celebrare la festa di fine Ramadan.



All'inizio della cerimonia il saluto del vice Prefetto Claudio Faloci, dell'assessore regionale Fabrizio Cesetti, del consigliere regionale Francesco Giacinti, del sindaco di Fermo Paolo Calcinaro e di quello di Monte Urano Moira Canigola.



"Siete importanti per la crescita economica e sociale del territorio. Grazie per quello che avete fatto e farete" ha detto Cesetti. "Questa è la risposta a incomprensibili atrocità" ha sottolineato Canigola. Giacinti pensa e spera "in un mondo senza confini" mentre Calcinaro ha affermato che i ragazzi presenti "sono una opportunità per il nostro Paese".



"Questa è l'Italia - ha risposto l'Imam - e non quella che qualcuno ci vuol far credere". Messaggi di pace in un territorio in cui la convivenza tra diverse religioni ha dato più risultati positivi che problemi, anche ora che la crisi sta costringendo molti stranieri a lasciare il Fermano per cercare fortuna altrove. La presenza musulmana resta comunque forte e radicata.



"Per sua natura l'Islam non è razzista. Tutti siamo fratelli perché abbiamo la stessa origine. Tutta la popolazione è uguale ha detto il nostro Profeta appena arrivato dalla Mecca alla città multietnica e multireligiosa di Medina" è stato un altro passo significativo del sermone di Abdellah Labdidi. Poi la festa, dopo un mese di sacrifici.
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