Giuseppe, lo strazio di famiglia e amici: «Non doveva essere su quel furgone, ma ora chi ha sbagliato paghi»

Giuseppe, lo strazio di famiglia e amici: «Non doveva essere su quel furgone, ma ora chi ha sbagliato paghi»
di Francesca Pasquali
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Giovedì 17 Febbraio 2022, 04:20

MONTE URANO - C’è una maglia gialla del Monturano Campiglione con il numero 9 sopra la bara di Giuseppe Lenoci. Quella maglia che il sedicenne morto lunedì mattina in un incidente d’auto, mentre stava facendo uno stage, aveva indossato per l’ultima volta in campo il sabato prima. È assordante il silenzio nella chiesetta di Santa Maria Apparente, a due passi dal centro di Monte Urano, dove ieri è stata allestita la camera ardente.

 
L’attesa
La bara bianca è arrivata poco prima delle 11.

Ad accoglierla i parenti, gli amici del paese e la sindaca di Monte Urano Moira Canigola. I genitori arrivano un attimo dopo il carro funebre. Solo i singhiozzi di mamma Francesca, che non si dà pace seduta al primo banco, squarciano il silenzio della mattinata. Sta in piedi di fianco alla bara papà Savino. Lo sguardo fisso sul legno candido. «Chi ha sbagliato deve pagare, perché quello che è successo a Giuseppe non deve più succedere a nessuno», dice la nonna. Ci sono i parenti arrivati dalla Puglia, la regione di dov’è originaria la famiglia Lenoci.


L’età
«È un dolore troppo grande che mai ci saremmo aspettati di provare», singhiozza una cugina. Ha la stessa età di Giuseppe. Dice che sono cresciuti insieme anche se abitavano lontano. Che erano molto legati e che si vedevano ogni volta che potevano. Che il giovane amava il lavoro che stava imparando e che «faceva le cose non perché le doveva fare, ma perché le voleva fare». La notizia della morte del ragazzo ha stordito l’intera comunità di Monte Urano, dove oggi sarà lutto cittadino. Il funerale si terrà stamattina alle 10 nella chiesa di San Michele Arcangelo. Giornata di lutto anche al Centro Artigianelli di Fermo, la scuola di formazione professionale frequentata dal giovane, che nella giornata di oggi sarà chiusa per dare modo a studenti e insegnanti di partecipare alle esequie.


I banchi
Non si danno pace gli amici di Giuseppe. Arrivano uno dopo l’altro. Piangono e s’abbracciano. Si fanno forza a vicenda. Ancora non si capacitano che il ragazzo con cui sono cresciuti insieme non ci sia più. «Abbiamo il cuore spaccato», dicono. E ricordano quello che per loro era “un fratello” e “un punto di riferimento che avrebbe dato se stesso per aiutare gli altri”». «Voleva soltanto vivere con il sorriso», racconta uno. Un sorriso contagioso, quello del sedicenne tragicamente scomparso, sempre pronto a dispensare parole di conforto e a dare una mano a chi ne aveva bisogno. Un ragazzo maturo, nonostante la giovane età: voleva cominciare a lavorare il prima possibile per poter aiutare la sua famiglia.


Gli orari
«Si sentiva responsabile. Si alzava alle sei di mattina contento di andare a lavorare. Quando usciva con noi, anche se stanco, era sempre contento. Ci raccontava quello che stava imparando. Ne era molto orgoglioso», il ricordo degli amici. Che, adesso, vogliono sapere cos’è successo a Giuseppe. Che lunedì mattina, su quel furgoncino non avrebbe neppure dovuto esserci. Ma che aveva sostituito un altro ragazzo, il quale non era potuto andare. «Anche se nessuno potrà ridarcelo, vogliamo capire la dinamica dell’incidente. Se c’è qualcuno che ha sbagliato, deve pagare», dicono. E all’amico che non dimenticheranno mai e che tanto amava stare insieme a loro fanno una promessa: «Per te, adesso, saremo ancora più uniti»

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