Fermo, sedano una lite e mentono
in tribunale: 4 anni di reclusione

Il tribunale di Fermo
Il tribunale di Fermo
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Mercoledì 1 Giugno 2016, 09:03
FERMO - Quattro anni di reclusioni per calunnia. Il giudice Cesare Marziali ha inflitto a due camionisti del Sud Italia una pesante condanna per aver, in un precedente processo penale, fornito falsa testimonianza: ciascuno dovrà scontare una pena detentiva di ben 4 anni di reclusione.

Il fatto risale al 2010. I due erano stati chiamati come testimoni per un diverbio scoppiato sull’A14 all'altezza del casello autostradale di Porto San Giorgio, tra un autotrasportatore e un automobilista a seguito di un sorpasso azzardato commesso dall'uomo alla guida dell'auto sulla corsia di emergenza.
Il camionista, dopo aver intimato di fermarsi all'automobilista, ha accostato sulla corsia di emergenza ed è sceso dal proprio mezzo per dirigersi infuriato verso il guidatore dell'auto. Tra i due si sarebbe acceso un diverbio scaturito in botte da orbi. L'autotrasportatore avrebbe minacciato l'uomo con un coltello e l'avrebbe percosso. Visto la scena i due camionisti che seguivano l'automezzo del primo decidono di arrivare in soccorso del collega.

Arrivati sul luogo della discussione, per sedare gli animi, cercano di ristabilire l'ordine. I due verranno poi chiamati come testi nel processo a carico dell'autotrasportatore citato per lesioni e porto abusivo d'armi. Durante l'escussione negheranno di aver visto il collega scagliarsi contro l'uomo e riferiranno di aver assistito solo a un' accesa discussione. Ma il giudice, dopo aver ascoltato il racconto dettagliato della parte offesa e di un altro testimone oculare, ha ritenuto le testimonianze dei due camionisti mendaci, tanto da definirli testi a discarico essendo anche amici dell'imputato, ha così rinviato gli atti in Procura e ha aperto nei loro confronti un procedimento penale per calunnia. Ieri l'epilogo con la pesante condanna. Durante la requisitoria il Pm aveva chiesto 2 anni per ognuno degli imputati, mentre il giudice ha emesso una sentenza del doppio della pena richiesta, giustificando la condanna con la gravità del dolo.
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