A Fermo vola l’export, il motore del distretto sono le scarpe griffate

A Fermo vola l’export, il motore del distretto sono le scarpe griffate
A Fermo vola l’export, il motore del distretto sono le scarpe griffate
di Massimiliano Viti
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Lunedì 22 Maggio 2023, 04:10 - Ultimo aggiornamento: 11:52
FERMO Nel 2022, l’export calzaturiero della provincia di Fermo è salito del 38,4% rispetto a quello del 2021. Nella top ten delle province italiane, Fermo è quella con la migliore performance. Ma non è tutto oro quello che luccica. Secondo Valentino Fenni, presidente della sezione calzatura all’interno di Confindustria Fermo, il dato non rispecchia l’andamento delle aziende che basano il loro business sul proprio marchio. Considerato il calo del mercato russo, mentre quello tedesco non sta attraversando uno dei suoi periodi migliori.

Il dato andrebbe analizzato e soprattutto suddiviso tra chi lavora per le griffe del lusso e chi, invece, ha un proprio marchio. Basta che una griffe trasferisca la logistica (nemmeno la produzione) da un territorio ad un altro per scompensare i dati. Oppure un nuovo insediamento di un grande marchio porterebbe in dote numeri tali da far cambiare le statistiche. L’anno scorso, secondo i dati diffusi da Assocalzaturifici, la provincia di Fermo ha prodotto verso l’estero un fatturato di 687 milioni di euro. Ciò permette a Fermo di occupare la quarta posizione assoluta nella classifica provinciale italiana. Fermo vale la metà dell’export regionale. Un risultato ottenuto grazie al +38,4% sul 2021 (e +2,4% sul 2019). Macerata è all’ottavo posto (+27,9%) ma ha +23,1% sul 2019. Ascoli Piceno, che occupa la posizione numero 13, ha registrato +38,4% sul 2021 ed è a +0,4 sull’anno pre pandemia. Fermo, insieme a Padova, è la provincia tra le prime dieci che è ha l’incremento più basso rispetto al 2019. L’incremento 2022 dell’export è stato ottenuto nonostante il business verso la Russia e l’Ucraina, a livello regionale, sia sceso del 15,6% (Russia -9,6% e Ucraina -58,4%) in confronto con l’anno precedente. Tutto sommato un buon risultato. Ancora meglio ha fatto il Veneto, in seconda posizione dietro le Marche, che ha perso solo il 2,7%. Ma i flussi veneti verso Mosca sono addirittura cresciuti del 4,8%.

Molto diversa è la situazione dal punto di vista dell’import. In questa specifica graduatoria, Fermo è settima in Italia con 230 milioni di euro, +67% sul 2021 e +54,3% sul 2019.

I numeri
 

«A livello macro, i numeri evidenziano una forte crescita dell’export calzaturiero. Ma se guardiamo le aziende, almeno quelle che fanno affidamento sul proprio marchio, la situazione è ben diversa. Alcuni singoli mercati sono in difficoltà. Non parliamo di Russia e Ucraina quanto della Germania. Per cui sono numeri che andrebbero analizzati e calati nel contesto territoriale» commenta Valentino Fenni, presidente dei calzaturieri fermani di Confindustria. «Probabilmente c’è una maggiore polarizzazione tra le griffe e la filiera dei terzisti che vanno bene e le altre aziende che invece crescono meno. Un divario sempre più marcato che non consente una corretta lettura dei dati» spiega l’imprenditore di Grottammare.

È un esempio che abbiamo già visto nel settore farmaceutico. Nel 2022 Ascoli Piceno è diventata la prima provincia italiana per export grazie al fatto che lo stabilimento ascolano di Pfizer ha iniziato a produrre per tutto il mondo il Paxlovid, la compressa anti-Covid dal prezzo unitario di svariate centinaia di euro. Per cui se fino al 2021 Ascoli era al settimo posto nella graduatoria provinciale dell’export farmaceutico, l’anno scorso è volata in testa, raggiungendo quasi otto miliardi di vendite e moltiplicando per sei il dato dell’anno precedente. Nella tabella regionale calzaturiera del 2022, invece, troviamo che il valore dell’export verso la Cina è raddoppiato. Una performance sicuramente generata dal flusso verso Pechino dei prodotti griffati.
«Il rischio è che senza una corretta interpretazione dei dati, gli enti locali marchigiani, le istituzioni e le associazioni possano compiere delle valutazioni non aderenti alla realtà. E magari prendere dei provvedimenti che non rispecchiano le necessità delle imprese» conclude lo stesso Fenni.

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