In tutta la provincia un artigiano su 5 in quasi 10 anni ha chiuso l’attività

In tutta la provincia un artigiano su 5 in quasi 10 anni ha chiuso l attività
In tutta la provincia un artigiano su 5 in quasi 10 anni ha chiuso l’attività
di Massimiliano Viti
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Mercoledì 29 Marzo 2023, 03:30 - Ultimo aggiornamento: 15:25

FERMO  - In quasi dieci anni nelle province di Ascoli Piceno e Fermo, un artigiano su 5 ha chiuso l’attività. Il territorio si trova alla posizione numero 13 nella classifica che comprende 103 province italiane e stilata in base alla percentuale dall’ufficio studi della CGIA (associazione artigiani e piccole imprese Mestre) di Mestre.

L’associazione ha elaborato i dati Inps che prende in considerazione il numero dei titolari, dei soci e dei collaboratori artigiani iscritti.

Ad Ascoli Piceno e Fermo, nel 2012, si contavano 19.966 imprenditori artigiani (inquadrati come titolari, soci e collaboratori). 


Il crollo


Nel 2021 questo numero si è ridotto del 20,3%, fino ad arrivare a 15.907. Vuol dire che oltre 4.000 artigiani sono scomparsi, con un ritmo di 400 ogni anno. Nelle Marche (che purtroppo con il -18,6% conquistano il gradino più basso del podio nella classifica regionale dietro Abruzzo e Piemonte), solo la provincia di Pesaro-Urbino ha fatto peggio di Ascoli e Fermo, facendo registrare un decremento del 21% che vale il decimo posto nella graduatoria che parte dal calo più marcato. Il -20,3% fatto segnare dall’Ascolano e Fermano è superiore alla media italiana, che si attesta al -15,1%. In Italia il crollo degli artigiani è stato quasi di 300.000 unità, per la precisone 281.925.

L’unica provincia che ha un saldo in terreno positivo è Napoli: +0,2%. Secondo la stessa CGIA Mestre la scomparsa degli artigiani è dovuta al boom degli affitti, alle tasse, all’insufficiente ricambio generazionale, alla contrazione del volume d’affari provocato dalla storica concorrenza della grande distribuzione e, da qualche anno, anche alla crescita delle vendite online. «Un’emorragia continua che sta colpendo – afferma l’associazione - in particolar modo, l’artigianato tradizionale, quello che con la sua presenza, storia e cultura ha contrassegnato, sino a qualche decennio fa, tantissime vie delle nostre città e dei paesi di provincia». Inoltre, la scomparsa di botteghe e negozi di vicinato ha portato alla riduzione dei luoghi di socializzazione. E chi sta pagando il prezzo più alto è la popolazione anziana che, viceversa, sta crescendo.


I mestieri


I mestieri artigiani tradizionali in declino sono: autoriparatori (verniciatori, battilamiera, meccanici, etc.), calzolai, corniciai, fabbri, falegnami, fotografi, impagliatori, lattonieri, lavasecco, materassai, orafi, orologiai, pellettieri, restauratori, ricamatrici, riparatori di elettrodomestici, sarti, stuccatori, tappezzieri, tipografi, vetrai. Viceversa ci sono dei settori che stanno vivendo una fase di espansione importante e sono in particolar modo quelli del benessere (acconciatori, estetisti, massaggiatori e tatuatori) e dell’informatica (sistemisti, addetti al web marketing, video maker ed esperti in social media).

Secondo l’ufficio studi di CGIA Mestre, non è da escludere che per evitare la desertificazione delle botteghe, in atto soprattutto nei centri storici, fra qualche decennio lo Stato dovrà sostenere con finanziamenti diretti coloro che vorranno aprire una attività artigianale o commerciale. Altrimenti sarà molto difficile che vengano aperte nuove realtà. «L’artigianato andrebbe tutelato, così come previsto dall’articolo 45 della Costituzione» scrive CGIA Mestre.

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