Guerra in Ucraina, i calzaturieri: «Allarme senza fine, ma non lasceremo mai quei mercati»

Guerra in Ucraina, allarme senza fine: «Ma non lasceremo mai quei mercati»
Guerra in Ucraina, allarme senza fine: «Ma non lasceremo mai quei mercati»
di Massimiliano Viti
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Giovedì 15 Settembre 2022, 04:35 - Ultimo aggiornamento: 16 Settembre, 08:59

FERMO  - «Ci sono problemi enormi ma non lasceremo mai il mercato russo e ucraino». Ad affermarlo è Lorenzo Salvatelli, responsabile commerciale della pelletteria Carlo Salvatelli di Montegranaro. Ma anche Marino Fabiani, titolare dell’omonimo calzaturificio con sede a Fermo, seppur con altre parole, ribadisce il concetto.
 

La fase
«Ancora oggi - dice - non c’è un mercato come la Russia se consideriamo le condizioni di vendita tra cui il livello del prezzo e le modalità di pagamento».

I due imprenditori, ça va sans dire, bocciano le sanzioni commerciali che l’Europa e gli Usa hanno applicato alla Russia. «Abbiamo capito che le sanzioni non servono a far finire la guerra. Viceversa, le conseguenze della guerra le vediamo tutti. Siamo alle prese con un aumento dei costi di tutti i beni e servizi, ma se dovessi trasferire i rincari sul prodotto finito finirei fuori prezzo» osserva Fabiani. Salvatelli è più sintetico: «Le sanzioni non funzionano e ci stiamo rimettendo tutti». Marino Fabiani è stato l’imprenditore di riferimento del malcontento marchigiano nei confronti delle sanzioni. Ci ha messo la faccia, ha affrontato la gogna dei talk show.

«Dal 25 febbraio ad oggi non è cambiato nulla» commenta l’imprenditore fermano che poi prosegue: «I politici sono spariti, i clienti russi preferiscono comprare prodotti provenienti dai Paesi non coinvolti dalle sanzioni. E i consumatori finali russi anziché spendere nelle boutique di Milano si recano a Dubai dove trovano tutto, prodotti del lusso compresi. Si lavora ancora con la Russia ma con grandi difficoltà. E comunque c’è stata una sensibile diminuzione se confronto il primo semestre 2021 con quello di quest’anno». A livello operativo, le aziende russe più strutturate si sono organizzate affinché anche i fornitori non riscontrino problemi sui flussi di denaro. Per cui o si affidano ai cargo, aziende di trasporto e servizi doganali che, con un servizio all inclusive, ritirano le scarpe dalla fabbrica del produttore per poi scaricarle a destino o a società satellite basate in Italia o in Europa. «C’è più spazio per il made in Italy in Russia con l’assenza dei marchi del lusso? Qualche opportunità c’è, è vero, ma non può compensare la perdita reale di fatturato» chiosa Fabiani. La pelletteria vive la stessa situazione.

«Il mercato russo è grande e presenta molte sfaccettature» esordisce Salvatelli. «Ci sono i clienti più piccoli che incontrano più ostacoli rispetto a quelli più grandi per il ritiro e il pagamento della merce. Il sistema bancario italiano dà risposte non uniformi e comunque le difficoltà ad incassare (ma anche a pagare) sono enormi. Non si lavora con tranquillità. È una situazione assurda a cui aggiungiamo tutto il resto, il rincaro dell’energia, delle materie prime, il difficoltoso reclutamento del personale».
Le reazioni
«Prospettive? Le vedremo da qui a dicembre - afferma l’imprenditore - quando, con la campagna vendite, assisteremo alle reazioni dei clienti al nuovo listino prezzi. Dal 1996 lavoriamo con Russia e Ucraina (che sta piano piano ripartendo) per cui non lasceremo mai questi mercati. Per una piccola azienda cambiare mercato è difficile se non impossibile. A parte gli ingenti investimenti iniziali, occorre cambiare tutto, dallo stile dei prodotti ai materiali, il marketing, ecc».

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