Il fratello di una vittima
​"Ora voglio giustizia"

Il fratello di una vittima ​"Ora voglio giustizia"
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Martedì 16 Settembre 2014, 14:32 - Ultimo aggiornamento: 16:58
FERMO - Era stato Ciferri a chiamare mio fratello Mustaf e Avdyli ieri mattina: aveva detto 'venite qua, lasciamo stare gli avvocati, ci mettiamo d'accordo e vi do i soldi, ce l'ho a cas. E invece.... Zeko Nexhmedin è il fratello di uno dei due carpentieri kosovari ammazzati a colpi di pistola ieri a Fermo dall'ex datore di lavoro Gianluca Ciferri, dal quale aspettavano da mesi gli stipendi arretrati: «circa 11.800 euro Mustafà e oltre 4.400 euro Avdyli Valdet».







«Mio fratello - racconta all'Ansa fra le lacrime Zeko - da un paio di mesi aveva trovato un posto in un'altra impresa di costruzioni. Ieri mattina, il suo principale e un altro operaio lo possono confermare, ha ricevuto la telefonata di Ciferri e ha chiesto il permesso di allontanarsi, verso le 11:20, per andare da lui con Avdyli. In cantiere scherzavano: gli hanno detto 'se questi soldi li prendi poi ci paghi una birrà, e lui, 'ma no, vi pago una cena!', invece è morto...dico, ma come si fa ad ammazzare la gente così...Stiamo in Italia da anni, io da 20, anche un altro nostro fratello vive qui. Non abbiamo mai creato problemi. Voglio giustizia - ripete -, solo quello, ma qua la giustizia non c'è...».









Mustafà lascia quattro figli piccoli, il più grande ha sette anni l'ultimo un anno e mezzo, e la moglie, tuttora sotto choc. La moglie di Valdet vive in Kosovo, dove Avdyili era tornato quando aveva perso il lavoro. Pare, ma non ci sono ancora conferme in proposito, che fosse rientrato a Fermo chiamato da Mustafà, proprio in vista di una possibile transazione con Ciferri, dopo l'iter dell'ingiunzione di pagamento avviata dalla Uil nei confronti del costruttore. Sul passaporto di Valdet il visto di ingresso porta la data di domenica scorsa. I corpi dei due operai, Mustafà stramazzato sul colpo, Avdyli dopo una breve fuga nei campi e il ricovero in ospedale, sono composti nell'obitorio di Fermo, in attesa dell'autopsia. Ciferri, a sua volta padre di tre figli, è rinchiuso in carcere, dove nel pomeriggio dovrebbe incontrare il difensore, l'avv. Savino Piattoni. «Ho sparato per difendermi, mi avevano aggredito con una piccozza» le prime parole dette ai carabinieri accorsi nella sua villa-azienda di Molini di Girola dove è avvenuta la tragedia. I colpi sono partiti da un revolver cal. 38 (sarà la perizia balistica a stabilire a quale distanza sono stati esplosi) ma in casa l'imprenditore aveva anche altre pistole e fucili, tutti regolarmente denunciati.





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