Sanzioni e boicottaggi russi fanno tremare i calzaturieri. Si rischia di perdere un export da 65 milioni di euro l’anno. Aziende fermane con il fiato sospeso

Sanzioni e boicottaggi russi fanno tremare i calzaturieri. Si rischia di perdere un export da 65 milioni di euro l’anno. Aziende fermane con il fiato sospeso
Sanzioni e boicottaggi russi fanno tremare i calzaturieri. Si rischia di perdere un export da 65 milioni di euro l’anno. Aziende fermane con il fiato sospeso
di Massimiliano Viti
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Sabato 26 Febbraio 2022, 06:40

FERMO -  La scarpa fermana trema. In ballo ci sono circa 65 milioni di export (60 milioni verso la Russia e 5 verso l’Ucraina) che sono diventati a rischio dopo l’invasione russa in Ucraina. E la sopravvivenza di diverse imprese. Fermo è la provincia calzaturiera italiana più esposta verso la Russia e la seconda nei confronti dell’Ucraina dopo Treviso se si considerano i dati relativi ai primi nove mesi del 2021 diffusi da Assocalzaturifici. Tradotto: è la provincia più preoccupata d’Italia nel calzaturiero. Non è una novità che il futuro di molte aziende locali fosse legato alle decisioni di Putin


E negli anni passati era pure peggio perché fino al 2013 il peso dell’export russo era notevolmente più alto rispetto a quello attuale.

La crisi che è arrivata dal 2014 ha costretto le aziende a de-russizzarsi, a ridurre la loro esposizione verso Mosca e ad ampliare i mercati a cui vendere i propri prodotti. Nel 2020 l’export verso Mosca è piombato ai minimi storici (58 milioni di euro), perdendo i due terzi del valore rispetto al 2013. Se questo veniva considerata una sciagura fino a ieri, oggi, alla luce della nuova drammatica situazione, va letto come un leggero sollievo.


«Siamo a Kiev, in un parcheggio sotterraneo. È un disastro. I russi sono già qui. Ci sono battaglie in città. Speriamo tutto finisca presto e riusciamo a rimanere vivi» è uno dei messaggi ricevuti dalla capitale ucraina da Marino Fabiani, imprenditore calzaturiero fermano tra i più conosciuti, e quindi esposti, in Ucraina. «I messaggi che arrivano dall’Ucraina sono più o meno dello stesso tenore e fanno capire bene la portata della situazione» afferma Fabiani. Anche il presidente di Assocalzaturifici Siro Badon ha voluto esprimere la sua preoccupazione: «I mercati di Russia e Ucraina sono prioritari per la calzatura italiana a tutti i livelli. La situazione è davvero critica e se non si sblocca, oltre che sul piano umanitario, prevalente su tutto, il nostro sistema produttivo potrebbe ricevere un colpo durissimo.

E dopo due anni di pandemia, sommati al caro energia che ci sta mettendo in ginocchio insieme all’inflazione e all’impennata del costo delle materie prime, la ripresa tanto attesa potrebbe essere vanificata». La scarpa fermana teme per le sanzioni commerciali di Usa ed Europa nei confronti di Mosca ma anche del possibile boicottaggio ordinato dal Cremlino nei confronti dei prodotti europei. Ma si teme anche per le presenze del Micam, la fiera calzaturiera che si svolgerà dal 13 al 15 marzo a Rho Milano. 


Inizialmente prevista dal 20 al 22 febbraio, era stata posticipata per avere una situazione pandemica migliore ma soprattutto per permettere al Governo italiano di consentire l’ingresso dei buyer russi in Italia, anche se vaccinati con Sputnik, siero non riconosciuto dall’Ema. Il problema era scoppiato alla vigilia di Pitti, manifestazione proibita ai visitatori russi. La diplomazia marchigiana, in prima linea, aveva recapitato il malcontento degli operatori economici (non solo quelli della moda) al Governo che è corso ai ripari. Ora si corre il rischio che oltre ai buyer ucraini (la loro assenza al Micam viene data ormai per scontata), anche quelli russi disertino la fiera calzaturiera. Alle condizioni attuali, appare improbabile anche lo svolgimento dei saloni che l’associazione organizza due volte l’anno a Mosca e Kiev, in programma, dal 29 marzo al 1° aprile (Obuv) e il 12 e 13 aprile (La Moda Italiana@Kiev).

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