Il rublo forte fa correre la vendita di scarpe in Russia. Le aziende del Fermano occupano le fette di mercato lasciate dalle top griffe

Un'azienda calzaturiera
Un'azienda calzaturiera
di Massimiliano Viti
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Sabato 24 Dicembre 2022, 01:20

FERMO - Complice l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il 2022 doveva essere l’anno più nero della storia della calzatura fermana. E invece diverse aziende hanno registrato un incremento del fatturato generato dall’export russo rispetto al 2021.

La guerra scoppiata tra il 24 e il 25 febbraio scorso e le sue immediate conseguenze (crollo della valuta russa e sanzioni commerciali applicate da Usa ed Europa verso Mosca) suonavano come rintocchi delle campane quando annunciano un funerale. A 10 mesi di distanza, il funerale non solo è stato annullato ma, in diversi casi, è stato perfino scongiurato. 

Perché le vendite di scarpe non sono crollate come si temeva ma sono sorprendentemente cresciute rispetto all’anno precedente, e in qualche caso perfino rispetto all’anno pre pandemia del 2019. Diversi sono stati i fattori che hanno ribaltato le nefaste previsioni di febbraio e marzo.

Uno è la quotazione del rublo, che dai picchi di quasi 145 contro euro a marzo, si è rafforzato passando ad una media di 60 da giugno in poi e fino alla scorsa settimana. Questo ha dato slancio ai consumatori russi che, trovando abbassate le serrande delle boutique delle griffe del lusso, si sono riversati nei negozi dei marchi italiani più conosciuti che non hanno abbandonato il mercato. Ma anche nelle catene russe che offrono scarpe italiane. La fuga dalla Russia delle top griffe del lusso e di altri brand che hanno preso la decisione di interrompere i rapporti commerciali con Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina ha lasciato spazi liberi sul mercato. Terzo fattore: i russi hanno ridotto lo shopping all’estero per cui hanno speso più soldi nei negozi locali. «Un insieme di fattori che ci ha permesso di reggere l’urto delle conseguenze della guerra e di non crollare come invece si temeva» conferma Fabrizio Grassi, ceo di Aldo Bruè. Grassi però sottolinea la massima volatilità del mercato russo, dove lo scenario può cambiare radicalmente in pochissimo tempo. «E questo non ci dà prospettive, né continuità» osserva lo stesso imprenditore che conferma il persistere dei problemi e delle difficoltà che incontra per incassare i crediti per via delle sanzioni commerciali. 

Per spiegare il buon andamento dell’export verso la Russia, soprattutto dei marchi più conosciuti e che da tempo presidiano il mercato, Marino Fabiani tira in ballo un altro fattore: «La scarpa bella, col tacco, non c’è più sul mercato. E le richieste sono cresciute, avvantaggiando i marchi italiani». Per Fabiani, in generale, l’incremento delle vendite non si traduce in un proporzionale guadagno a causa degli sconti concessi ai buyer russi nelle settimane seguenti alla guerra, dei rincari delle materie prime, del caro energia e di altri fattori che hanno penalizzato le imprese fermane e italiane. 

«Anche i clienti ucraini hanno continuato ad ordinare. Uno stop della guerra è ciò che serve» chiosa Fabiani. Anche gli imprenditori della pelletteria sono positivi: «Le vendite stanno andando bene ma non credo per gli spazi lasciati liberi dalle griffe. Quanto per i nostri articoli presenti nei migliori negozi» afferma Lorenzo Salvatelli del marchio Carlo Salvatelli. «Sicuramente il cambio euro/rublo ha favorito l’export, anche se ora lo scenario sta cambiando. Quello che preoccupa è l’inflazione che ci sarà nei prossimi mesi. Comunque restiamo fiduciosi, confidando che le istituzioni e la Regione Marche continuino a sostenere le nostre aziende nella vendita dei prodotti all’estero».
 

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