Fermo, le ricette per il successo
Gli imprenditori incontrano gli studenti

Fermo, le ricette per il successo Gli imprenditori incontrano gli studenti
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Martedì 27 Ottobre 2015, 20:24 - Ultimo aggiornamento: 1 Dicembre, 18:19
​FERMO - Partire da zero con un nuovo calzaturificio? Per l'imprenditore calzaturiero Enrico Paniccià (Giano di Torre San Patrizio) "bisogna puntare sulla specializzazione, soprattutto dal punto di vista tecnico, mentre la vendita sarebbe sicuramente senza intermediari". Il collega Enrico Ciccola (Romit di Montegranaro), invece, lo sconsiglia: "Meglio partire come subfornitore e proporre qualcosa di particolare, la qualità su misura". Sono due diverse visioni fornite allo studente universitario che vuole saperne di più sulle prospettive future del settore e lanciare una start up calzaturiera. Ieri all'aula magna della sede dell'Università Politecnica delle Marche, tre imprenditori fermani hanno raccontato l'impresa calzaturiera agli studenti di ingegneria gestionale prossimi alla laurea.

"Dal settore calzaturiero arrivano continue richieste di laureati" ha detto il rettore dell'università Sauro Longhi, mentre Dario Amodio, preside della facoltà di ingegneria, ha messo in risalto il momento di dialogo tra scuola e imprenditoria. Il presidente della sezione calzatura di Confindustria Fermo Giampietro Melchiorri (Gal.men di Montegranaro) è stato il promotore dell'incontro e ha raccontato la sua esperienza di imprenditore: "Quando ho iniziato l'attività, avevo un mito (mio padre) e un obiettivo (diventare imprenditore che si occupasse delle vendite). Così ho venduto la vecchia Porsche che non mi permetteva di andare in giro e ho comprato una Fiat Uno diesel. Investire è la parola chiave. Noi calzaturieri fermani siamo stati bravi a dare qualità al prodotto ma non all'azienda: voi potete darla". Paniccià, che come Melchiorri, non vuole usare la parola crisi e la sostituisce con cambiamento, ha prima illustrato la sua storia e poi ha affermato che "l'imprenditore è colui che sogna. La strada intrapresa quando ho iniziato a gestire l'azienda fondata da mio nonno è stata quella del licensing. Così è cresciuta 10 volte in dieci anni. Ora abbiamo bisogno di talenti".

Paniccià, che si toglie il cappello quando passa davanti allo stabilimento Tod's, ha affermato come il distretto risulti penalizzato dalla mancanza di brand, schiacciato dalle multinazionali delle sneaker e dalle grandi griffe del lusso. "Ai giovani manca spesso la voglia di fare - ha detto Paniccià - mentre umiltà e ambizione sono doti fondamentali. Un consiglio? Saper parlare bene l'inglese".

Per Ciccola: "Professionalità e qualità sono le armi per competere nel mondo. Lavorando come terzisti per le griffe, la mia azienda ha avuto l'opportunità di avere una visione mondiale". L'imprenditore veregrense ha parlato di Made in Italy, accennando anche all'obbligo del marchio di origine e sulla mancanza di peso politico del settore. "Credo che insieme bisogna ritrovare un sistema che dia una prospettiva più ampia al settore" ha concluso Ciccola. I tre imprenditori hanno riconosciuto come il settore abbia bisogno di più tecnologia.
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