Il cappello si rilancia alla sfida dell'export. Marzialetti: «Ma con questa guerra ora tornano i timori»

Il cappello si rilancia alla sfida dell'export. Marzialetti: «Ma con questa guerra ora tornano i timori»
di Marina Vita
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Mercoledì 23 Marzo 2022, 06:30

FERMO - Il settore del cappello gode di buona salute? Le stime della Federazione industriali dei tessili vari e del cappello, a consuntivo di tutto il 2021, dicono di sì. «Si parla di un vero “rimbalzo” quantomeno per il segmento del lusso e in alcune ben determinate tipologie di prodotto le cui dinamiche vanno monitorate e assecondate per verificare se il dato possa divenire davvero strutturale», conferma il presidente nazionale Paolo Marzialetti.


Si tratta di un «rimbalzo avvenuto pur in presenza della quarta ondata pandemica, anche se non ci sono ancora gli effetti collaterali delle prime nuove sanzioni e delle restrizioni dovute alla guerra.

Ma cali generalizzati considerevoli a doppia cifra che fecero perdere alle aziende del nostro comparto produttivo circa un quarto del fatturato non ci sono: i dati del 2021 registrano davvero i primi veri segnali di rientro alla “normalità” nella domanda a livello internazionale. Il comparto ha avuto un incremento sia delle esportazioni che delle importazioni, oltre che del fatturato risalito a 132 milioni ( +6,5%) dai 124 dell’anno precedente, ma non inverte la negativa tendenza rispetto al calo delle imprese, scese da 130 a 125, e del numero degli addetti diminuiti da 2.120 a 2.020. Continua invece l’ormai tendenziale rimbalzo nelle vendite dei berretti: importazioni (+37,4%) ed esportazioni (+50%)».

La parte del leone la fa sempre il boom delle vendite online delle piattaforme digitali dei principali brand che hanno trainato anche quelle derivanti dalle vendite in presenza. Segnali positivi ma subito raggelati dalla guerra. «Benché i mercati di questi 2 Paesi rappresentino soltanto il 3% del totale esportato (8 milioni di euro), con l’inizio delle ostilità resta ancora forte per noi la preoccupazione e l’incertezza derivanti non solo dall’emergenza sanitaria, ma anche e soprattutto dalle sanzioni. I problemi sono tanti: l’aumento generalizzato (in media del 30/40%) dei costi delle materie prime e la grande difficoltà di reperirle; il costo dei noli marittimi dei Paesi produttori “overseas” schizzato a un più 1000% rispetto ai livelli pre-pandemia; quello medio giornaliero dei prodotti petroliferi e dell’energia elettrica che ha registrato aumenti con punte di oltre il 500% già prima dell’inizio della crisi bellica».


E ancora «l’incertezza derivante dalla disponibilità del gas e le restrizioni dei canali finanziari per i pagamenti e riscossioni con gli operatori russi, ormai adottate da molti paesi e mercati del mondo, che rinforzano anche il crollo dei flussi turistici, con la cancellazione non solo dei voli diretti da e per la Russia ed Ucraina, ma anche di quelli provenienti dai Paesi “overseas”, in particolare dal Nord America e dall’Estremo Oriente. Tutti elementi - la chiosa di Marzialetti - che alimentano la nostra incertezza sul futuro».

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