FERMO - «Chi sa parli» è l’imperativo dell’avvocato Filippo Polisena, che invita chi ha visto a non aver paura e testimoniare, perché tutto può essere utile a ricostruire un giallo e assicurare un assassino alla giustizia. Il caso riguarda il romeno 31enne Mihaita Radu, trovato cadavere all’alba del 17 febbraio, un lunedì, in una strada di campagna a Porto Sant’Elpidio. Prima di sparire era stato visto in via Battisti, le telecamere lo avevano ripreso. È morto per 12 coltellate alla schiena, quasi tutte mortali.
L’intenzionalità dell’omicida è chiara e l’efferatezza indica la personalità di un individuo che, a saperlo libero, mette paura. Più si scava più s’infittisce il mistero della morte. Sono passati sei mesi, c’è stato il Coronavirus e la macchina della giustizia, già lenta di suo, si è stoppata, ma l’avvocato che segue la famiglia Radu è intenzionato ad andare a fondo di questa storia. Mihaita non può essere un caso irrisolto ma il rischio c’è. Metà anno è passato senza un nome iscritto sul registro degli indagati, senza un particolare utile a ricostruire la vicenda, né telefonino né arma del delitto. Il tempo rema contro. Le indagini preliminari possono andare avanti un anno ed essere prorogate fino a due, siamo nei tempi ma più passano le ore, più la verità s’allontana. Polisena conosceva Mihaita, lo aveva difeso in passato.
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C’era stato un fattarello di droga e un caso di minacce e lesioni, due sentenze di condanna, tutto si era chiuso con i servizi sociali. Il ragazzo aveva cambiato vita, era diventato un volontario alla Croce Verde ed era sempre disponibile. Aveva un lavoro fisso in uno scatolificio di Sant’Elpidio a Mare e il titolare lo stimava. La sua morte non va a pescare dai fantasmi del passato, quindi, è nel presente che si scrive.
L’invito è a chi ha visto a relazionarsi con gli inquirenti, i carabinieri. Si possono comprendere le paure, e per la lentezza della giustizia e per il timore di ritorsioni, ma il senso civico deve prevalere «un assassino che l’ha fatta franca una volta, può rifarlo» asserisce l’avvocato che è al suo terzo caso di omicidio ma questo, probabilmente, è stato il più efferato «la mano che ha inferto le coltellate era decisa, c’era la volontà di uccidere» la chiosa.
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