FERMO - Più di 50 lavoratori sfruttati. Una persona agli arresti e 12 denunce. È il bilancio dell’operazione Country workers, nuova indagine sul caporalato e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nel settore agricolo a cura della Guardia di finanza di Ancona, sotto l’egida della Procura della Repubblica di Fermo. Sono una decina le aziende agricole coinvolte, tutte operative nella zona sud delle Marche. In prima linea i militari del Gico del Nucleo di polizia economico finanziaria delle Fiamme gialle, comandati dal tenente colonnello Pierfrancesco Bertini.
L’attenzione
Al centro del giro un imprenditore di nazionalità pakistana, domiciliato a Fermo.
I pagamenti erano drasticamente più bassi di quanto previsto dal contratto nazionale di categoria. Come se non bastasse, il “caporale” esigeva dai sottoposti una quota giornaliera di 5 euro a testa, per le spese di trasporto ed il consumo di carburante. I braccianti soggiornavano in abitazioni fatiscenti, in precarie condizioni igieniche. Un quadro di illegalità diffusa che ha portato la Procura ad accogliere i risultati investigativi della Guardia di finanza, disponendo per il pakistano la custodia cautelare in carcere.
La ricerca
Sotto la lente dell’autorità giudiziaria anche i responsabili delle aziende in cui gli stranieri venivano impiegati e che evidentemente traevano consistenti risparmi dall’impiego di una manodopera a costi estremamente ridotti, con orari massacranti e senza tutele. La Guardia di finanza evidenzia come l’operazione testimoni «l’impegno testo alla salvaguardia dei lavoratori ed a tutela dei diritti delle fasce più deboli della società. Questa operazione di servizio si colloca nell’ambito del contrasto al lavoro nero che costituisce una piaga per l’intero settore economico perché sottrae risorse all’erario, mina gli interessi dei lavoratori, spesso sfruttati, e consente una competizione sleale con le imprese oneste».
Il confronto
È la seconda volta nel volgere di pochi mesi che il Fermano viene interessato da una vasta operazione contro il caporalato condotta dai finanzieri. Il precedente, lo scorso novembre, aveva interessato un’azienda agricola, che nell’ambito dell’operazione Tempi supplementari è stata accusata di sfruttare oltre 50 lavoratori, pagati con salari da fame e costretti a turni fino a 12 ore al giorno, a fronte di contratti che ne prevedevano meno della metà. Accuse simili, scenari affini, in cui le vittime sono sempre gli ultimi anelli della catena, ricattabili perché indigenti o bisognosi di un lavoro per non rischiare la clandestinità.
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