FERMO - AAA fresatori cercansi. Ma anche metalmeccanici, camionisti, commerciali esteri e ingegneri elettronici. Nel Fermano, in certi settori, l’offerta di lavoro supera la domanda. Il problema non è nuovo, ma, più passa il tempo, più s’acuisce. Almeno a sentire le imprese che faticano a trovare personale. Soprattutto quelle manifatturiere che sono la maggior parte.
L’estero
«Abbiamo tre aziende che cercano operai specializzati, ma non li trovano. Ce n’è un’altra che cerca un commerciale per l’estero che parli bene inglese, anche da formare, ma niente. Si trovano solo figure standard, non specializzate». A parlare è il direttore di Confindustria Fermo, Giuseppe Tosi. Il problema, spiega, riguarda tutti i settori. Anche se nel calzaturiero si sente di più. «Non si trovano fresatori, premontatori e tagliatori. Parliamo di digitalizzazione – dice Tosi –, ma mancano i laureati specializzati nel marketing digitale. I laureati in Ingegneria sono pochi, soprattutto elettronica». Perché? Perché tanti vanno a studiare fuori e non tornano o, potendo scegliere, accettano offerte più allettanti, per la carriera e il portafoglio. Ma gli altri? Perché le fabbriche faticano a trovare operai specializzati? «Perché di certe professioni c’è ancora una visione molto distorta. Si associano al lavoro fisico e alla fatica, ma, quasi dappertutto, ormai non è più così», spiega Tosi. Per il quale il problema si risolve solo «ascoltando le esigenze delle aziende e con la formazione».
Lo stallo
Nel frattempo, però, le aziende boccheggiano. E il ricambio generazionale non aiuta. «Manca la manodopera specializzata. Perciò, è imprescindibile collegare le risorse da investire negli istituti scolastici a un’analisi socioeconomica del territorio, indirizzata alle necessità professionali delle imprese», spiega a sua volta il direttore della Cna di Fermo, Alessandro Migliore, facendo il punto della situazione.
Il settore
Sull’altro fronte ci sono le scuole. Quelle a cui le imprese chiedono più interscambio. Che, dicono, è l’unico modo per conoscere i ragazzi e capire se sono tagliati per quel certo lavoro. Il Covid ha rallentato la pratica in azienda, ma non dappertutto. All’Ipsia Ricci di Fermo, ad esempio, l’alternanza scuola-lavoro non s’è mai fermata. Prima di Natale, un centinaio di ragazzi ha finito le tre settimane di stage. Nel mese di febbraio cominceranno altrettanti. «Per rispondere alle richieste delle aziende, servirebbero molti più iscritti», fa sapere la preside, Annamaria Bernardini. Per la quale «il meccanismo si inceppa nella fase di orientamento», per cui «pochi ragazzi si iscrivono agli istituti professionali che, invece, danno maggiori possibilità lavorative, visto che la maggior parte del tessuto produttivo è manifatturiero».
La chiosa
«Alle aziende – prosegue – servono giovani in grado di fare e, per formarli, serve una scuola professionale». Per accelerare i tempi, l’istituto ha avviato un percorso “duale”, con gli studenti che, lavorando, possono comunque diplomarsi, seguendo un percorso didattico personalizzato.