Nas all'ospedale Murri dopo le denunce dei sindacati. Il direttore dell'Av 4 Livini: «Fuochi incrociati, ma io sono sereno»

Licio Livini, direttore Area vasta 4, e sullo sfondo l'ospedale Murri di Fermo
Licio Livini, direttore Area vasta 4, e sullo sfondo l'ospedale Murri di Fermo
di Francesca Pasquali
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Mercoledì 27 Gennaio 2021, 02:50

FERMO - Sopralluogo del Nas, ieri, al Murri. I carabinieri del Nucleo antisofisticazione e sanità sono rimasti dentro l’ospedale di Fermo per tutto il giorno, passando al setaccio i reparti Covid e quelli dove si sono sviluppati i focolai che hanno messo fuori servizio un’ottantina di sanitari e contagiato altrettanti pazienti. Il blitz potrebbe essere la prima conseguenza del fascicolo aperto in Procura, dopo gli esposti arrivati nei giorni scorsi.

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Il commento
«In un momento di fuochi incrociati, i controlli bisogna aspettarseli. Leggerò quello che hanno scritto. Se mi dovrò allarmare, lo farò dopo. In questo momento sono sereno», commentava, ieri sera, il direttore dell’Area vasta 4, Licio Livini. Che, per adesso, assicura di non essere stato convocato dai magistrati. «Quando sono arrivate le lettere del sindacato, dell’avvocato e dell’intersindacale – spiega –, tra gli intestatari c’era anche la Procura della Repubblica. La mia risposta, una relazione, l’ho spedita a tutti, anche alla Procura. I miei rapporti con loro sono finiti lì». L’ultimo, in ordine di tempo, ad aver puntato il dito contro l’Area vasta 4, diffidandola, era stato il Cimo, il sindacato dei medici ospedalieri, che aveva denunciato «la prassi di assegnare dirigenti medici privi della necessaria specializzazione ad operare, in turni di servizio o di Guardia divisionale o interdivisionale o in regime di pronta disponibilità, in reparti dedicati o, comunque, ove sono ricoverati pazienti Covid 19, con comunicazioni orali, senza alcun ordine di servizio scritto».

Parole dalle quali Livini s’era detto «molto ferito».

«I miei primari hanno preso le distanze. Certe affermazioni creano un alone diffamatorio nei confronti della direzione e dell’organizzazione», aveva detto amareggiato. Livini aveva anche fatto sapere di aver chiesto al presidente della Regione Francesco Acquaroli di verificare se fossero stati commessi errori di gestione. «In quel caso – aveva spiegato – dovranno esserci conseguenze. In caso contrario, pretendiamo una presa di posizione forte da parte del sistema». La questione era esplosa dopo i focolai scoppiati al Murri e i sanitari decimati. Livini aveva comunicato alle autorità locali e regionali che, vista l’emergenza, da lì in avanti, avrebbe deciso da solo, se necessario «adottando, anche senza preavviso, soluzioni gestionali in termini di assetto erogato e assegnazione del personale, in extrema ratio, anche extra ordinem».

L’urgenza
«Soluzioni – aveva spiegato – anche estreme, da prendere con velocità e urgenza, nell’esclusivo scopo istituzionale di non interrompere i pubblici servizi di necessità per la salute pubblica, ma sempre nel rispetto del contratto di lavoro». La prima è stata la demedicalizzazione della Potes di Sant’Elpidio a Mare, per reclutare medici per il pronto soccorso. Decisione invisa ai medici del 118 e che – mette le mani avanti il direttore della centrale operativa – dovrà restare un’eccezione dettata dall’emergenza. Ieri, i pazienti positivi al Murri erano 69: 30 in Malattie infettive, 5 in Terapia intensiva, 21 in Medicina Covid 1, 12 in Medicina Covid 2, 1 in Pronto soccorso. Di questi, cinque sono ex ospiti del Sassatelli. Tredici, finora, le vittime del focolaio scoppiato nella casa di riposo. Trentotto gli anziani ancora positivi ricoverati nelle Rsa Covid di Campofilone, Ripatransone e Sant’Elpidio a Mare. Ventidue, negativizzati, sono stati trasferiti a Montegranaro, Montegiorgio e Sant’Elpidio a Mare. Ventiquattro gli ospiti negativi rimasti al Sassatelli.

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