Cinque anni fa la tremenda scossa di terremoto: c'è l'accelerazione sulle pratiche ma nessuno è ancora tornato a casa

Cinque anni fa la tremenda scossa di terremoto: c'è l'accelerazione sulle pratiche ma nessuno è tornato a casa
Cinque anni fa la tremenda scossa di terremoto: c'è l'accelerazione sulle pratiche ma nessuno è tornato a casa
di Francesca Pasquali
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Martedì 24 Agosto 2021, 04:05 - Ultimo aggiornamento: 15:15

FERMO  - Il pavimento che trema sotto il letto. I lampadari che oscillano. Vasi e soprammobili che si frantumano a terra. Pietre e calcinacci. Polvere. Oggi come cinque anni fa. È un ricordo che il passare del tempo non cancella, quello del terremoto. Il Fermano non ha pianto morti. E, forse, è questa l’unica buona notizia.

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Perché, dal 24 agosto 2016, notte della prima, devastante, scossa, nei borghi feriti dal sisma poco o nulla è cambiato.

Se è vero che, da qualche mese, sono comparse le prime impalcature, è pure vero che la ricostruzione è quasi al palo. Poche, pochissime, le famiglie tornate a casa nel Fermano.


La maggior parte vive ancora nelle case affittate coi soldi del Cas (Contributo di autonoma sistemazione). Nelle seconde case o negli alloggi rimediati da mattina a sera, poi diventati fissi. Svuotati, diversi centri storici non si riconoscono. E, più passano i giorni, più si fa remota la possibilità che torneranno a ripopolarsi. A ieri, delle 823 pratiche presentate nei diciassette Comuni del cratere all’Ufficio speciale per la ricostruzione, quelle accolte e finanziate erano 553, il 67%. Amandola, Montefortino, Falerone e Montegiorgio i Comuni col maggior numero di edifici privati danneggiati. Amandola è quello che ha presentato più domande. Delle 216 richieste inoltrare, per adesso, ne sono state accolte 139 (64%). 


A Montefortino sono state recepite tre quarti delle pratiche spedite: 113 su150 (75%). 103 le domande presentate dagli abitanti di Falerone. 70 quelle accettate (68%). 86 quelle di Montegiorgio che, con 57 domande accolte, arriva al 66%. Fuori dal cratere, Fermo resta indietro. All’Usr, fino a ieri, erano arrivate 189 domande, ma quelle accettate erano solo 79 (42%). Tornando nel cratere, Montefalcone Appennino, ieri, aveva l’80% di pratiche accolte (16 su 20), Smerillo il 78% (18 su 23), Montappone il 75% (21 su 28), Monte Vidon Corrado il 75% (3 su 4), Monsampietro Morico il 72% (5 su 11), Monte Rinaldo il 72% (13 su 18). A scendere, Santa Vittoria in Matenano il 65% (19 su 29), Belmonte Piceno il 63% (12 su 19), Montelparo il 61% (17 su 28), Ortezzano il 60% (12 su 20), Servigliano il 59% (23 su 39), Monteleone di Fermo il 54% (7 su 13), Massa Fermana il 50% (8 su 16).

Fuori dal cratere, sono state accolte le richieste di Pedaso e Monterubbiano (una a testa). A Monte Urano sono state accettate 8 domande su 9 (89%), a Petritoli 5 su 6 (83%), a Monte Vidon Combatte 3 su 4 (75%), a Porto Sant’Elpidio e Francavilla d’Ete 5 su 7 (71%), a Grottazzolina 6 su 9 (67%), a Monte San Pietrangeli 6 su 10 (60%). Sotto il 60%, Montottone con 8 domande accettate su 14 (57%), Montegranaro con 11 su 20 (55%), Sant’Elpidio a Mare con 12 su 23 (52%), Campofilone con 2 su 4 (50%), Ponzano di Fermo con 1 su 2 (50%), Magliano di Tenna con 3 su 8 (37%), Monte Giberto con 3 su 9 (33%), Lapedona con 1 su 3 (33%), Rapagnano con 2 su 7 (28%). Maglia nera per Torre San Patrizio con 2 richieste accolte su 8 presentate (25%). Fin qui i numeri. Che contano, ma che non sono tutto. Perché, oltre alle case, il terremoto ha distrutto il tessuto sociale di una zona – quella interna – già problematica di suo. E che, spopolata e spoglia di servizi, s’è ritrovata a fare i conti con una nuova piaga che, dopo cinque anni, fa ancora fatica a sanarsi. A Falerone, per esempio, le ferite del sisma sono sempre lì dove le scosse le ha aperte. 


Le travi di legno che ingabbiano il centro storico parlano di anni trascorsi e di famiglie che se ne sono andate e che difficilmente torneranno. Le casette diroccate nelle frazioni di campagna di Amandola e Montefortino, che d’estate riprendevano vita, sono solo silenzio e desolazione. Ora, che la ricostruzione, con un ritardo che non è facile da giustificare, sia finalmente partita è una buona notizia. La cattiva, l’ennesima, è che le ditte che dovrebbero occuparsene scarseggiano. Strano, si dirà. E, invece, no. Perché, tra il terremoto e la ricostruzione, s’è messo di mezzo l’Ecobonus. Che alle ditte fa gola più della ricostruzione.

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