FERMO - Distretto calzaturiero diviso in due: le aziende a marchio proprio che vanno in salita e quelle che producono per le griffe che procedono in discesa. Ma un problema le accomuna, la difficoltà di trovare personale sia per sostituire il lavoratore prossimo alla pensione, sia per sostenere progetti di sviluppo dell’attività o semplicemente per far fronte all’aumento di ordini. Non sono pochi i casi in cui le aziende vedono frenati i loro investimenti a causa della mancanza di personale.
Estero e meridione
C’è già chi si rivolge al Sud Italia, invitando famiglie intere a trasferirsi nelle Marche.
Le figure chiave
«Molti brand preferiscono assumere direttamente figure chiave in forza ad altre imprese, rischiando così di indebolirle», racconta Valentino Fenni, presidente dei calzaturieri di Confindustria Fermo, che vorrebbe scendere a patti con le griffe per il futuro del settore calzaturiero poiché: «È interesse anche dei marchi affrontare questi temi per una crescita sostenibile del distretto». Paolo Mattiozzi, presidente CNA Federmoda di Fermo, ritiene che siano necessari «incentivi alle assunzioni, risorse per l’orientamento e la formazione on the job, e bandi dedicati al settore moda». Ed è inevitabile scivolare sulla formazione e, ancora un passo indietro, parlare di scarso appeal della calzatura verso i giovani. Andrea Santori, presidente Fondazione ITS, ha recentemente affermato: «Non riusciamo a completare le classi perché non c’è l’amore dei giovani verso il lavoro manuale. Anche in Spagna e Portogallo è così».
L'esempio
Le organizzazioni datoriali fermane avevano anche chiesto la realizzazione di un istituto che seguisse un po’ l’esempio del Politecnico calzaturiero del Brenta. Ma, a distanza di 3 anni, resta ancora un sogno.
«Non è un problema circoscritto alla calzatura» sottolinea Alfonso Cifani, responsabile Cisl Fermo. «Occorre rendere più appetibile il lavoro. Questo vuol dire offrire ai giovani prospettive di carriera e se vogliamo essere più sintetici e concreti, il territorio dovrebbe avere la capacità di offrire ciò che offrono le grandi imprese tra buste paga, welfare, benefit, orario flessibile. Sono tutte imprese che riescono ad intercettare i fondi pubblici mentre il Fermano come territorio fa fatica. Il discorso è molto più ampio». Cifani cita l’importante calo demografico del Sud delle Marche, così come le scarse risorse destinate alle politiche attive sul lavoro e la formazione continua. «Senza dimenticare un territorio che era in crisi e lo è di più ora dopo la pandemia. Il quadro generale attuale spinge un giovane fermano ad emigrare piuttosto che a cercare lavoro vicino casa. Più che appetibilità di un settore dobbiamo parlare di appetibilità di un territorio» chiosa Cifani.