I carabinieri sgombrano lo chalet durante l'aperitivo: esplode la protesta contro le norme Covid

Porto San Giorgio, i carabinieri sgombrano lo chalet durante l'aperitivo: esplode la protesta contro le norme Covid
Porto San Giorgio, i carabinieri sgombrano lo chalet durante l'aperitivo: esplode la protesta contro le norme Covid
di Francesca Pasquali
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Martedì 4 Agosto 2020, 05:10 - Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 04:22

PORTO SAN GIORGIO - I carabinieri sgomberano uno chalet all’ora dell’aperitivo e sui social si scatena il finimondo. L’altro ieri, i militari del Radiomobile di Fermo hanno messo fine prima del tempo alla serata in corso alla Stella Adriatica, sul lungomare di Porto San Giorgio. Ad avvisare le divise sarebbe stata una persona preoccupata del fatto che, dentro il locale, non si stessero rispettando le regole anti Covid.

Nel giro di pochi minuti, la musica è stata spenta e lo chalet svuotato. Nel frattempo, i social hanno cominciato a pullulare di commenti. L’aperitivo interrotto è diventato oggetto di accesa discussione. Gli utenti si sono divisi in due schieramenti: da una parte quelli che invocano il pugno di ferro contro i trasgressori, dall’altra quelli meno ortodossi. Diversi se la sono presa con le leggi, ritenute molto confuse, che da un lato autorizzano eventi come quello di domenica e dall’altro obbligano, per esempio, a portare la mascherina anche all’aperto quando non si riesce a rispettare la distanza di un metro.
 
La protesta
C’è chi se l’è presa con gli “spioni”, chi con i locali che non fanno rispettare le regole, chi con le forze dell’ordine che, secondo alcuni, non calcano abbastanza la mano. «Aspettate solo che i locali chiudano e che i giovani smettano di fare la movida. Sfogate la vostra frustrazione con qualcos’altro e lasciate vivere chi ha voglia di vivere e divertirsi», scrive un ragazzo che riceve parecchi like dai coetanei. «Da giovane mi dissocio. Siete degli irresponsabili superficiali e irrispettosi nei confronti di chi è morto solo come un cane in un freddo letto d’ospedale e di chi si è sbattuto per raccogliere i pezzi», replica un giovane, dissentendo. «Vieni a lavorare con me in ospedale al reparto Covid coi tutoni», scrive in risposta una ragazza. A ricordarci che il pericolo non è ancora scampato c’è la donna di 85 anni di San Benedetto ricoverata al Murri dall’altro ieri, dopo essersi contagiata in Albania. L’ospedale non è più Covid free. I paragoni con feste e sagre riautorizzate si sprecano. Entra nel dibattito anche il capogruppo della minoranza sangiorgese, Carlo Del Vecchio.
Lo scandalo
«È davvero scandaloso e inaccettabile – scrive in una nota – che in questa città si continuino a usare due pesi e due misure. A questo punto, ci dicano se il distanziamento sociale è stato rispettato durante lo Street Food. Negli eventi voluti e patrocinati dal Comune è stato rispettato?». «Questa volta – prosegue –, invece, ci sono di mezzo un imprenditore, un privato cittadino, una struttura che rende attrattiva la nostra città e allora i controlli partono immediatamente. Se vogliono fare “figli e figliastri” lo facciano da un’altra parte, non a Porto San Giorgio e non contro chi lavora per risollevare le sorti della nostra città».
Il passato
Situazioni simili s’erano già vissute sotto quarantena, quando la gente chiusa in casa si era messa a dare la caccia a passeggiatori, additati, fotografati e messi alla gogna sui social da “spioni” nascosti dietro le tapparelle. E giù “scrollate” di commenti più o meno inviperiti, simili a quelli di queste ore. E a farsi prendere la mano, è un attimo. Così, capita che il discorso, invio dopo invio, viri su altri argomenti e che la chiacchierata virtuale si trasformi in una sequela di insulti. E, certe volte, scattano le denunce. «I procedimenti per reati legati alla diffamazione a mezzo internet – spiega il presidente dell’Ordine degli avvocati di Fermo, Stefano Chiodini –, negli ultimi tempi, sono abbastanza frequenti. Probabilmente, è dovuto al fatto che c’è una maggiore consapevolezza di poter denunciare gli autori delle offese». Il reato è penale. Si rischiano da sei mesi a tre anni di carcere o una multa di almeno 516 euro.
Il problema
«Come per qualsiasi altro tipo di reato – aggiunge Chiodini –, chi è incensurato rischia poco, chi ha precedenti di più. Il problema è che internet è un luogo dove è facile equivocare. Spesso si ingigantiscono le questioni e si va sul personale. Capita anche che, per un commento, finiscano amicizie pluridecennali».