Fermo, un terzo dei morti di Coronavirus non è arrivato mai in reparto: «Ricoveri tardivi»

Fermo, un terzo dei morti di Coronavirus non è arrivato mai in reparto: «Ricoveri tardivi»
Fermo, un terzo dei morti di Coronavirus non è arrivato mai in reparto: «Ricoveri tardivi»
di Francesca Pasquali
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Martedì 7 Aprile 2020, 06:37 - Ultimo aggiornamento: 10:42

FERMO - Dall’inizio dell’epidemia, all’ospedale Murri il Coronavirus ha fatto 45 morti. Quasi un terzo dei contagiati ricoverati dell’ultimo mese e mezzo, in tutto 148. Una piccola parte, l’8%, non è uscita viva dalla Terapia intensiva, mentre uno su tre non ha fatto in tempo ad arrivare in reparto ed è spirato al pronto soccorso.

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«È un dato preoccupante – spiega il direttore dell’Area vasta 4, Licio Livini –, vuol dire che i pazienti arrivano al pronto soccorso e ad essere ricoverati in situazioni cliniche abbastanza gravi. All’interno dell’ospedale sono stati attivati percorsi che riescono a rispondere in maniera puntale a tutte le necessità che si presentano, ma serve tanta più attenzione a quello che succede fuori dall’ospedale». Stabilizzata la situazione dentro il Murri, per il direttore dell’Av 4 l’obiettivo va ora spostato dentro le case della gente. Il che significa più tamponi.
 
«Ad oggi è l’unico strumento che ci fa capire la situazione. Sono per farne il più possibile», spiega Livini. A cominciare dai 189 sintomatici in isolamento domiciliare, «almeno a questi bisogna farli sicuramente». Oggi dovrebbe concludersi l’odissea della famiglia di Casette d’Ete che domenica aveva raccontato sui social le difficoltà per accedere ai tamponi. I tempi di attesa sono di circa tre giorni. Quelli fatti, dal 12 marzo, nella nostra provincia sono stati 2.700. 580 appartengono al personale dell’ospedale, 74 hanno dato esito positivo. Per processarli, al laboratorio del Murri, da qualche giorno si è unito l’Istituto zooprofilattico. Con le risorse attuali se ne possono fare fino a 160 al giorno. I positivi accertati sono 312. Si dice «preoccupato», Livini, per il «panorama nazionale che presenta situazioni diverse e non paragonabili: 21 sistemi sanitari regionali ragionano in maniera diversa e non si riesce a mettere un punto fermo». «Nelle Marche abbiamo gli stessi morti del Veneto. Perché? Perché abbiamo più anziani? Perché avremmo dovuto fare più tamponi? Forse, ma la verità è che manca il dato epidemiologico, cioè non sappiamo quante persone sono infettate».
I dati
Saperlo potrebbe far cambiare le statistiche. «Fare i tamponi e sapere chi è positivo è importantissimo per limitare la diffusione della malattia», prosegue il direttore dell’Area vasta fermana che intanto ha ordinato l’attrezzatura per i test sierologici. Livini torna sulla questione dei posti letto, che sta tenendo banco in questi giorni. «Chi dice di trasformare il Murri in ospedale solo Covid – spiega – non mi trova assolutamente d’accordo». Quanto al ruolo degli presidi periferici, «possono andarci tutti i pazienti post-critici che devono passare in cure intermedie prima di tornare a casa». Insomma, nessun letto di Terapia intensiva sarà allestito nelle strutture decentrate, «perché non abbiamo spazi attrezzati e l’organizzazione per gestire i pazienti ospedalieri. Perciò sarebbe un rischio inutile». Se il numero dei contagi rimarrà stabile, il Murri dovrebbe farcela senza altri cambiamenti. «Ad oggi – chiosa Livini – rimaniamo con questa impostazione. Quando sarà pronta, ci saranno anche i venti posti di Amandola. Al più, possiamo prevedere di recuperare qualche spazio per i post-critici nelle strutture di cure intermedie». Ma con i cento letti della Rsa di Campofilone e i quaranta dell’Inrca potrebbe non servire.
Il cordoglio
E ieri il Coronavirus ha fatto un’altra vittima, una donna di 82 anni di Porto San Giorgio ricoverata al Murri.

Non c’entra, invece, il Covid-19 con la morte della 71enne di Grottazzolina venuta a mancare domenica al pronto soccorso. Il tampone ha dato infatti esito negativo. I contagiati ricoverati in ospedale sono 85.

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