Fermo, messe a porte chiuse, la carica dei parroci: «Puntiamo sui social»

Fermo, messe a porte chiuse, la carica dei parroci: «Puntiamo sui social»
Fermo, messe a porte chiuse, la carica dei parroci: «Puntiamo sui social»
di Chiara Morini
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Mercoledì 29 Aprile 2020, 07:55

FERMO «Anche noi speravamo di poter tornare a celebrare l’Eucaristia insieme \[…\]» ha scritto l’altro giorno l’arcivescovo Rocco Pennacchio, invitando a non cedere allo scoraggiamento, ma ad «allargare lo sguardo a quanti sopportano limitazioni ben più faticose». E in pieno momento di iniziale polemica, trasformatosi poi in momento di confronto, tra la Cei e il Governo, ieri mattina, prima della messa a Santa Marta è intervenuto pure il Papa: «In questo tempo preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni».

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Parola d’ordine, dunque, prudenza, anche se in tutta Italia, nelle Marche e pure nel Fermano c’è voglia di tornare ad assistere alle celebrazioni. Finora le parrocchie si sono organizzate come hanno potuto per mantenere il senso di comunità, servendosi dei social e del web. «Con i social noi siamo riusciti a rimanere vicini ai nostri fedeli» commenta don Paolo Canali, parroco della chiesa di Santa Maria Addolorata di Porto Sant’Elpidio.
 
Aggiunge però che «l’importante non è quando si riapriranno le chiese per le celebrazioni eucaristiche, ma come, cioè in piena sicurezza. Di certo ora c’è il dibattito su come si potrà fare, con poche persone, o con altri sistemi che si studieranno. Altrimenti ripeto: meglio aspettare». Lo ha ribadito anche nella messa che ha celebrato a porte chiuse ieri mattina, che questo periodo di privazione dall’Eucarestia può essere pedagogico e che i fedeli che sentono la mancanza della messa possono vivere la vicinanza con Dio anche nel proprio cuore.
L’appello
«Le comunità hanno bisogno di riprendere le celebrazioni delle messe, la Cei dovrebbe farsi sentire di più», il commento di don Salvatore Sica, parroco di Montone e San Girolamo a Fermo. Lui di celebrazioni in emergenza se ne intende: la sua chiesa è ancora chiusa, in seguito al sisma del 2016, e da allora, prima dell’emergenza Covid-19, celebrava in una sala adiacente la chiesa. Ora? «Ora faccio tutto a porte chiuse – prosegue – il diritto al culto però è importante. Io credo che si potrebbero aumentare le messe, celebrarle a scaglioni. Nel mio caso, garantire la sicurezza vorrebbe dire ospitare massimo 15 fedeli con le mascherine».
La concessione
Un po’ come per i funerali, quelli già concessi dal Governo. In chiese più grandi, come quella di Gesù Redentore a Porto San Giorgio, che di posti ne conta 450, il piano sicurezza già sarebbe pronto. «Stiamo aspettando la Cei – commenta il parroco don Pietro Gervasio – prima del caos noi avevamo 4 messe, di cui 2 che non contavano più di 100 fedeli. Aspettiamo le norme, ma nel nostro caso si potrebbero prevedere due fedeli ai lati di un banco, uno al centro di quello accanto e così via». A Pedaso il parroco di Santa Maria e San Pietro Apostolo, don Ubaldo Ripa, aspetta «camminando giorno dopo giorno, con grande fiducia nelle misure che adotterà Conte. L’arcivescovo e tutta la Cei aiuteranno a trovare le giuste misure».
La speranza
Nel frattempo «dobbiamo riporre la nostra speranza nel futuro che è nelle mani di Dio pregando e confidando che il numero dei contagi possa ridursi al punto di poter riprendere in sicurezza le celebrazioni» il messaggio rassicurante del vescovo Pennacchio.

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