Fermo, via libera a chi lavora con l'estero, i calzaturieri non esultano: «Che caos, riaprire così è un rischio»

Fermo, via libera a chi lavora con l'estero, i calzaturieri non esultano: «Che caos, riaprire così è un rischio»
Fermo, via libera a chi lavora con l'estero, i calzaturieri non esultano: «Che caos, riaprire così è un rischio»
di Massimiliano Viti
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Martedì 28 Aprile 2020, 07:05

FERMO - Le imprese calzaturiere che lavorano in prevalenza con l’estero possono riaprire sulla base di quello che si configura come un parere che tre ministri (Sviluppo economico, Salute e Infrastrutture e trasporti) hanno inviato al ministro dell’Interno. Parere protocollato domenica scorsa e fornito sulla base del testo del decreto del 10 aprile. Per cui, ci sono già 15 giorni persi per il settore moda. È anche per questo che i calzaturieri fermani non solo non esultano, ma non sono affatto felici della possibilità, data a molti, ma non a tutti, di poter finalmente riavviare l’attività.

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«Non chiedetemi di essere contento. Non è questo il modo di aiutare le imprese» afferma in una nota diffusa da Confindustria Centro Adriatico l’imprenditore calzaturiero Giampietro Melchiorri, vicepresidente dell’associazione.
 
Per poter riaprire i calzaturifici devono chiedere la deroga al prefetto, dimostrando di avere (senza altra indicazione) il 50,1% dei ricavi proveniente dalle vendite all’estero. Una scappatoia utile per anticipare quella che è la riapertura decisa dal governo: 4 maggio. «Molti colleghi non sanno cosa devono fare, perché il protocollo sulla sicurezza è uscito il 24 di aprile. Forse la politica non sa che in molte aziende la sicurezza è affidata a consulenti esterni» prosegue Melchiorri. «Ogni società di consulenza dovrà valutare e certificare lo stato di idoneità. Questo significa che oggi (ieri per chi legge, ndr) non apre nessuno. Certo, meglio ragionare su questo oggi che il 4 maggio. Se va bene guadagniamo due giorni. Purtroppo questo continuo ritardo nel prendere decisioni ha fatto perdere ordini. Eravamo convinti di riaprire il 14 o il 20, poi un nuovo rinvio e nuove regole». Chi vuole aprire deve predisporre la comunicazione da inviare alla Prefettura: «Comunicazione dalla quale deve emergere che l’azienda lavora principalmente per il mercato estero e che fa parte della filiera manifatturiera. Per accelerare la pratica – aggiunge il direttore di Confindustria Centro Adriatico Giuseppe Tosi –consigliamo di allegare la dichiarazione Iva attestante la prevalenza dell’export». Questo vuol dire anche che il calzaturificio con una clientela prevalentemente italiana o il terzista che lavora per la griffe e fattura ad una partita iva italiana deve aspettare il 4 maggio. Così come deve aspettare la maggior parte delle imprese della filiera. «Una cosa è certa – conclude Melchiorri – nessuno è intenzionato ad aprire senza avere la garanzia di sicurezza: nessuno vuole assumersi rischi per il personale e per se stesso». Confindustria Centro Adriatico parla di “caos e normative improvvisate”. Cercare di capirci qualcosa in più è stata l’occupazione delle ore successive alla conferenza stampa del premier. Non solo quando ripartire ma anche come.
La previsione
«Se tutto va bene le piccole imprese ripartiranno lunedì prossimo, considerando che in mezzo c’è anche il primo maggio» aggiunge Valentino Fenni, presidente della sezione calzature di Confindustria Centro Adriatico. «Questa settimana sarà utile per definire al meglio le procedure all’interno delle aziende. Saranno in pochi a riaprire, magari ripartiranno le grandi realtà che sono più organizzate. Ci aspettavamo tanto, ci ritroviamo di nuovo rallentati dalla burocrazia e, peggio ancora, dall’interpretazione delle norme visto che ci si affida a dichiarazioni e a valutazioni per ogni singolo caso» conclude l’imprenditore di Grottammare.

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