FERMO - La Cina è a portata di smartphone, almeno per quanto riguarda il commercio estero. È quanto emerso nel corso del convegno “phygital” di Tipicità che ieri mattina ha moderato il direttore del Corriere Adriatico, Giancarlo Laurenzi, dopo l’introduzione del direttore di Tipicità, Angelo Serri.
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A confronto, connessi ognuno dalle scrivanie, l’Ice, la Digital Retex e la Tencent, società sviluppatrice del sistema di messaggistica We chat, che hanno illustrato il progetto Pavillion; ad ascoltare le aziende interessate all’export.
Il dibattito
Tre i principali aspetti emersi. I cinesi amano i dispositivi mobili, innanzitutto, dato che «su un miliardo di utenti attivi al giorno per We-chat, solo il 7% utilizza la versione desktop. Noi cerchiamo di favorire le interazioni e le transazioni, anche con il We-Chat pay, la possibilità di pagare dall’app» ha spiegato Enrico Plateo, business developer in Europa della Tencent. Il Paese orientale, poi, è «al primo posto nel mondo per l’ecommerce, e l’intera Cina è un mercato fondamentale per il commercio» ha spiegato Sheila Fidelio, dell’Ice. Ultimo, ma non meno importante, è che ai consumatori cinesi piace il made in Italy. Se poi sono beni di lusso è meglio. «I prodotti italiani sono molto amati in Cina – ha sottolineato Nicola Canzian della Retex – bisogna però fare attenzione a capire quali prodotti, ma soprattutto come, vanno introdotti sul mercato».
L’esempio
Canzian ha portato l’esempio della cioccolata: «Si spalma sul pane con il coltello, peccato però che in Cina non si trovino né coltelli né pane».
Anche a tariffa agevolata: per importazioni sotto ai 600 euro non bisogna pagare i dazi. L’esempio potrebbe essere quello del consumatore cinese che deve acquistare un paio di scarpe dall’azienda X. Si collega al sistema, sceglie le scarpe, le ordina e paga con la valuta locale. A questo punto l’ordine finisce direttamente nell’hub localizzato a Rimini, da dove poi la merce viene spedita a destinazione.
Le iscrizioni
Per le aziende che volessero aderire c’è ancora tempo fino a domani, con un minimo di elasticità nelle domande. Sul sito dell’Ice è spiegato tutto, requisiti compresi. L’investimento richiesto è di 5mila euro iniziali, il resto del costo è carico dell’organizzazione. Il servizio ha un termine, i contratti sono di 12 mesi, e la merce che l’azienda invia all’hub è in conto deposito.
Diverse sono già le realtà che hanno aderito, e nel corso della mattinata è intervenuta Francesca Ferrari della Knitt, azienda di maglieria nel Milanese, per la quale «inizialmente non era conveniente andare in Cina, viste le dimensioni della nostra azienda, poi con questo sistema e il suggerimento dei prodotti da vendere e la definizione del prezzo abbiamo potuto partecipare». Moda e agroalimentare, meglio se bio, i prodotti preferiti dai cinesi.