Micam annullato ed export in discesa. Brexit e Covid, miscela choc per le imprese calzaturiere

Un operaio addetto alla calzatura
Un operaio addetto alla calzatura
di Massimiliano Viti
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Sabato 6 Febbraio 2021, 06:05

MONTEGRANARO - Mentre l’elenco dei fallimenti del Tribunale di Fermo si allunga sempre di più con le aziende del settore calzaturiero, le imprese che stanno resistendo a denti stretti sono costrette ad affrontare anche l’annullamento della manifestazione internazionale di riferimento, il Micam. E, per chi esporta nel Regno Unito, le difficoltà connesse con Brexit.


L’incertezza
«L’annullamento del Micam era da considerarsi scontato e denota sicuramente senso di responsabilità da parte degli organizzatori» commenta Paolo Silenzi, presidente di Cna Fermo. «Da qui la conferma che il problema sanitario va risolto al più presto possibile con un piano vaccini efficace, rapido ed efficiente. Solo così potremo tornare alla normalità ed uscire da una situazione oramai insostenibile. Va da sé che il settore moda calzatura si trova di fronte la terza stagione consecutiva di vendite compromesse. Senza misure adeguate per la nostra filiera produttiva, sarà quasi impossibile mantenere occupazione e sostenibilità per il distretto produttivo». Non poter concludere trattative di persona penalizza soprattutto gli artigiani per i quali passare al digitale comporta un notevole investimento con ritorni in termini di risultati incerti e non istantanei.


L’export
Brexit stava già penalizzando l’export di scarpe fermane che, nei primi nove mesi del 2020, è precipitato del 47,6%, passando da 29,8 a 15,63 milioni di euro. Il regno unito è al nono posto nella graduatoria dei mercati di sbocco. Merci ferme in dogana, tempistica incerta, maggiori adempimenti doganali e un aumento dei costi. Ma soprattutto viene penalizzato chi queste scarpe deve rivenderle. «Brexit è semplicemente un altro problema che si aggiunge a tutta la difficile situazione in cui versa il distretto Fermano-Maceratese. Una situazione che si è aggravata con la pandemia» afferma Alberto Foresi di Area Forte, calzaturificio di Montegranaro che vende i suoi prodotti ad un marketplace con sede nel Regno Unito.

«Le conseguenze di Brexit le troviamo a livello operativo con una maggiore burocrazia e un aumento dei costi.

A preoccupare sono soprattutto le conseguenze per il nostro cliente che vende online. Ci ha segnalato che dal primo gennaio 2021, le calzature made in Italy che arrivano nel Regno Unito, quando vengono reintrodotte di nuovo in territorio europeo, quindi rivendute ad un cliente europeo, sono sottoposte ad un dazio del 3,2% che non si recupera in caso di reso, così come non si recupera l’Iva. Inoltre sono aumentati i costi e i tempi delle spedizioni. A livello macro credo sarebbe un problema se la griffe britannica di turno, per rivendere in Europa un prodotto made in Italy, debba pagare il 3.2% in più» fa notare Foresi che poi conclude: «Credo che le aziende più grandi abbiano maggiori possibilità di adeguarsi (e più velocemente) alle nuove normative (magari con un magazzino fiscale in Europa) e, come al solito, le difficoltà ricadono maggiormente sulle piccole imprese».

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