Zona montana sempre più in sofferenza: «Caro bollette, questa è la mazzata finale»

Zona montana sempre più in sofferenza: «Caro bollette, questa è la mazzata finale»
Zona montana sempre più in sofferenza: «Caro bollette, questa è la mazzata finale»
di Francesco Massi
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Sabato 12 Febbraio 2022, 07:10

AMANDOLA  - Prima il terremoto del 2016. Poi il Covid con le sue chiusure e limitazioni. Ora l’incredibile caro bollette, mazzata che sta tramortendo l’economia del territorio montano. Il grido, più disperato che di allarme, è sollevato da tutte le attività produttive, ma in particolare dal settore commerciale e ristorativo. La gente gira poco, esce il minimo indispensabile, soprattutto per paura di contagiarsi col covid


Quindi clientela diminuita sensibilmente e costi di gestione saliti in modo vertiginoso.

Diverse attività commerciali sono arrivate a chiudere qualche ora prima dell’orario canonico, specialmente la sera, poiché, visto che non c’è gente in giro e non ci sono clienti, preferiscono limitare i consumi di energia sia elettrica che per i riscaldamenti. E’ un quadro a tinte scure quello che esce dalla Confcommercio locale, che ha il termometro di moltissime attività commerciali del territorio dei Sibillini.


«Il commercio è in ginocchio – dice Maria Rita Grazioli responsabile della sede territoriale dell’associazione di categoria – e non vedo grandi prospettive dopo un periodo negativo che dura da anni e che sta schiacciando il settore. Ultimo colpo questi aumenti spropositati dell’energia, delle materie prime e il recupero dei pagamenti passati sospesi per il sisma. Il costo dell’elettricità è aumentato dal 50 al 70 per cento». Ad esempio un bar del territorio che prima pagava sulle 900 euro al mese di energia elettrica ora arriva a circa 1500. Un ristorante che spendeva intorno ai 1000 euro ora siamo quasi a 2000, un altro più piccolo è passato da 600 euro a circa 1100. Inoltre un bar medio di queste zone può avere dai 20 ai 30mila euro di pagamenti da recuperare, seppure rateizzati, per la sospensione delle bollette dal 2016. Da considerare che tante attività tengono accesi frigo e congelatori anche quando sono chiusi. A ciò si sommano tutti i pagamenti arretrati delle imposte, bloccati prima per il sisma e poi per il Covid. Oltre a questi aumenti per molti ci sono gli affitti. Da considerare poi i costi alti già prima degli aumenti, ed ora esorbitanti, per i riscaldamenti, visto che in queste zone il periodo di accensione è di diversi mesi più lungo rispetto che altrove. Una valanga di pagamenti arrivati tutti insieme.

«Ci sono imprese che avevano chiuso prima per il sisma, poi per il Covid e ora non riapriranno. Gli imprenditori commerciali – continua Grazioli - non stanno reinvestendo sulle loro attività, anche in quelle che vanno meglio, perché non vedono prospettive, non programmano per il futuro. Si cerca di tenere duro. Ma non c’è più l’entusiasmo. Qualcuno a parità di costi sta pensando di chiudere ed investire in territori più popolosi, con maggiori possibilità di lavoro».


Infatti qui le attività commerciali, specialmente bar, ristoranti, agriturismi e altri, fanno molto affidamento sul turismo, che però è limitato solo ai pochi mesi estivi. Soluzioni? «Una zona franca fiscale efficace e di lunga durata - conclude Grazioli - non come quella vista per il post sisma, che è stata quasi una presa in giro».

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