Come per qualsiasi elezione alla quale vengono chiamati gli italiani, anche per la scelta del Capo dello Stato il voto è segreto. Eppure negli anni sono stati individuati parecchi "trucchi" per aggirare l'anonimato del voto. Ecco perché nei giorni scorsi il presidente della Camera Roberto Fico ha deciso di correre ai ripari e di prendere precauzioni per evitare la tracciabilità del voto. Innanzi tutto ha deciso di togliere le tendine dai “catafalchi”, le cabine adottate da Oscar Luigi Scalfaro proprio per evitare di poter scrutare le mosse dei grandi elettori. A differenza di tutti le altre consultazioni infatti, ai grandi elettori non è vietato portare e utilizzare lo smartphone dentro le cabine allestite a Montecitorio tra i banchi del governo. Se infatti, un cittadino qualsiasi può essere condannato all’arresto da tre a sei mesi se fotografa la scheda dentro la cabina del proprio seggio, secondo i regolamenti parlamentari, non è invece prevista nessuna sanzione per deputati, senatori e delegati che dovessero fotografare il proprio voto.
Via dunque le tendine. Ma non basta. Esistono altri metodi collaudati, nella storia delle elezioni del Capo dello Stato, che permetterebbero di “segnare” i voti, il cosiddetto metodo Forlani, dal nome del candidato al Colle della Democrazia cristiana che nelle votazioni del 1992 escogitò un sistema affinché ogni voto dei “franchi tiratori” sospetti fosse riconoscibile: dall’uso di penne di colore differente, al diverso ordine di nome e cognome, fino a prevedere varie formule come “on.
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Ma perché il metodo funzioni deve esserci la "collaborazione" di chi legge le schede, cioè del presidente della Camera. I precedenti a Montecitorio tracciano le possibilità più disparate. Laura Boldrini, nel 2015, in occasione dell’elezione di Sergio Mattarella lesse in modo integrale ogni scheda. Luciano Violante, invece, in occasione dell’elezione di Carlo Azeglio Ciampi, nel 1999, si limitò a pronunciare il cognome. Quando ad essere eletto fu proprio l’attuale presidente della Camera, il vicepresidente di allora Roberto Giachetti lesse soltanto nome e cognome, senza appellativi o titoli.
Proprio perché ci sia meno spazio di manovra sul possibile "controllo" dei voti da parte dei gruppi parlamentari il presidente Fico ha deciso di leggere durante lo spoglio solo il cognome del votato. La lettura del solo cognome eviterà così che si possa capire come possano aver votato i parlamentari.