L’attivista bielorusso Ales Bialiatski e due organizzazioni che si battono per i diritti umani – la russa Memorial e l’ucraina Center for civil liberties – sono stati insigniti del Nobel per la pace 2022. Il comitato norvegese ha indicato come i premiati abbiano dimostrato «l’importanza della società civile per la pace e la democrazia» nei loro rispettivi Paesi compiendo «uno sforzo eccezionale per documentare crimini di guerra, violazioni dei diritti umani e abusi di potere».
È senza dubbio un segnale significativo – non immune dal suscitare pareri contrastanti – il fatto che il prestigioso premio quest’anno abbia accomunato proprio un’associazione presente in Russia e un’altra in Ucraina. Ricordiamo un analogo episodio nel corso della tradizionale Via Crucis al Colosseo durante il quale due ragazze, una ucraina e una russa, avevano portato la croce nella tredicesima stazione. Quella di Papa Francesco è rimasta una delle poche voci che lancia incessantemente appelli a favore della pace nelle diverse zone di conflitto mondiale e in particolare nella martoriata Ucraina, con lo spettro della minaccia nucleare che aleggia nell’aria…
L’attuale Pontefice, a tal proposito, in passato sottolineò come la stessa Organizzazione delle Nazioni Unite stabilì «che le armi nucleari non sono solamente immorali ma devono anche considerarsi un illegittimo strumento di guerra». In questa difficile situazione ben vengano iniziative come quella di ieri, che ha visto riunirsi ad Assisi il Comitato promotore della Marcia della Pace per un incontro intitolato «Con Papa Francesco, contro la guerra per costruire la pace». Oppure l’encomiabile apporto di Stopthewarnow, rete di oltre 175 associazioni, movimenti ed enti italiani, che dopo aver organizzato tre carovane della pace in Ucraina, ha fatto partire una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi per installare a Mykolaiv dissalatori di acqua, un bene tanto prezioso quanto carente nel presente scenario bellico. I volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII, intanto, continuano a risiedere in questi territori condividendo nei rifugi la vita della popolazione locale e stando accanto alle persone che soffrono.
L’occidente ha enormi responsabilità nelle vicende dei popoli in guerra nell’intero globo: troppo spesso ha realizzato piani prepotenti, aggressivi, curando solo i propri interessi, senza cercare con sufficiente convinzione la via del confronto e, come se non bastasse, vendendo in modo incontrollato armi a Nazioni non rispettose dei fondamentali diritti dell’uomo, così da accrescerne instabilità sociale e povertà.
La speranza è che il suo grido di pace possa oltrepassare la durezza dei cuori degli uomini considerando anche che l’importante impegno di ciascuno nel trasmettere valori al prossimo è tanto più grande quanto maggiore è il ruolo che riveste. Ma ciò non deve deresponsabilizzare ognuno di noi e soprattutto i cristiani che, nelle piccole e grandi scelte, possono costruire la “casa della loro vita” in due modi. Il primo è quello di erigerla sulla sabbia, cioè solo sulle cose visibili e tangibili, sui rancori e gli egoismi, tutti aspetti che un giorno passeranno e ci lasceranno a mani vuote. Il secondo è di edificarla sulla roccia ossia sulla parola di Dio che è fondamento stabile. Un uomo e una donna autenticamente realisti riconoscono il Signore come principio permanente della realtà. In tal modo non si lasciano compromettere dai meccanismi corrotti e perversi di questo mondo, ma rivolgono lo sguardo a Gesù, Colui che confida nella potenza dell’amore, non nella forza delle armi.