Potrei commentare i dati Covid, ma nelle pagine precedenti del giornale ne avete già trovati tanti e preoccupanti. Ancora l’unica certezza, l’unica difesa resta il vaccino, la prossima settimana avrò la mia terza somministrazione e anch’io potrò dire che “ricomincio da tre”. Pertanto, in questo editoriale, ritornerò ad analizzare le tante potenzialità offerte dalla transizione digitale, argomento peraltro suggerito dal ritorno dell’emergenza Covid che porta con sé la riscoperta dello smart working. Questa modalità di lavoro che vorrebbe essere completamente cancellata, almeno nella Pubblica Amministrazione, resta forse l’aspetto migliore dei tanti cambiamenti sperimentati durante i periodi di distanziamento forzato. Questa modalità non deve intendersi come il semplice lavorare da casa: fare le stesse cose ma in un posto diverso, ma deve richiedere una profonda trasformazione della organizzazione del lavoro con informazioni che dovranno essere condivise e non trasmesse e con sincronizzazioni delle attività sugli obiettivi da raggiungere. Si avrebbe più tempo per altre attività al di fuori del lavoro, una significativa riduzione di inutili spostamenti con conseguente riduzioni del traffico urbano e del relativo inquinamento ed un sicuro guadagno in termini ambientali. Tutto questo accadrà perché conveniente per tutti, molte aziende private l’hanno avviato durante il lockdown e non sono più tornate indietro. Tanti nostri giovani laureati pur continuando a lavorare con imprese del nord sono tornati a casa. Un esempio di come migliorare la qualità del lavoro e la sostenibilità sociale e ambientale. Anche nel campo della assistenza sanitaria la transizione digitale introdurrà significativi strumenti di supporto ai medici sia per la diagnosi che per la cura. Le prime sperimentazioni di telemedicina lo confermano. Con l’Internet of Things (internet delle cose) tutti i dispositivi anche quelli diagnostici, utilizzati per monitorare lo stato di un paziente, possono essere facilmente connessi a internet e da qui diventare facilmente fruibili dal medico che si trova a distanza. Certo non tutte le azioni di cura possono essere organizzate in questo modo, ma tutte quelle di monitoraggio utili a curare malati cronici sicuramente si.
*Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche
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