Cosa ricorderemo di questo 2021 che si sta per chiudere? Sicuramente la scelta di vaccinarsi per contrastare la crisi pandemica indotta dal Covid. Ieri 100mila contagiati in Francia, oltre 50mila in Italia, a fronte di tantissimi tamponi, molti fatti a scopi precauzionali, tra questi anche il mio, pur avendo fatto la terza dose, ma volendo incontrare persone anziane, ho preferito sottopormi ad un tampone. Grazie ai vaccini, in Italia, le strutture ospedaliere reggono ed il numero dei decessi resta al disotto di quelli registrati l’anno scorso, anche se la curva dei contagi è in crescita. Inoltre, con questa scelta abbiamo potuto riprendere in sicurezza quasi tutte le attività economiche e sociali. Certo se non estenderemo la vaccinazione a tutti i Paesi, soprattutto quelli meno sviluppati, non usciremo facilmente da questa pandemia e forse anche alla fine nel prossimo anno saremo qui a commentare le stesse situazioni con una nuova variante arrivata proprio da questi Paesi. Nel giorno di Natale, la supplica di Papa Francesco è stata ancora una volta quella di far giungere le cure necessarie, specialmente i vaccini, alle popolazioni più bisognose. Abbiamo imparato una cosa con la pandemia: nulla dovrà tornare come prima. Ma siamo certi che sarà così? I modelli economici di sviluppo devono cambiare per introdurre una vera sostenibilità sociale e ambientale. Le disuguaglianze sociali vanno contrastate con nuovi modelli organizzativi anche nel mondo del lavoro, che rappresenta ancora il principale strumento per la distribuzione della ricchezza prodotta. Come scritto nella prima riga della nostra Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Ma non sempre a questo principio corrispondono azioni coerenti. Nelle scelte di politica economica i continui richiami al mercato come unico strumento per regolare lo sviluppo non sempre funzionano e sicuramente trascurano il dettato della prima riga della Costituzione. Ne abbiamo purtroppo degli esempi anche nelle Marche, con lo stabilimento della Caterpillar di Jesi che chiude improvvisamente dalla mattina alla sera. Senza un’etica, una condivisione sociale dello sviluppo economico continueremo a registrare scelte di questo tipo: 260 persone che con competenza, capacità e laboriosità producevano macchine di cui continuiamo ad averne bisogno, si trovano senza lavoro.
* Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione. Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche