Ai miei nonni bastava ascoltare il suono del grano mosso dal vento per capire se il raccolto sarebbe stato buono e con questo garantire alla famiglia un anno di serenità economica. In questi giorni i campi di grano maturo suonano come non mi accadeva di ascoltare da diversi anni, forse avremo un buon raccolto. Ma l’anno che stiamo attraversando non sarà dei migliori: gli effetti devastanti della pandemia sulle attività economiche sono evidenti a tutti. In questa settimana scadrà il blocco dei licenziamenti e molti lavoratori e lavoratrici perderanno il proprio posto di lavoro e molte famiglie non avranno più un reddito su cui contare. Le stime variano dai 70 mila posti a rischio dell’Ufficio parlamentare di bilancio ai 700 mila della Cgil. Prorogare indefinitamente non è sostenibile, ma rimane il problema di chi perde il posto di lavoro. Politiche attive per creare nuovi posti di lavoro sono state proposte ma i risultati non sono ancora evidenti. Da queste colonne più di un anno fa avevo invitato ad investire su attività utili e necessarie per cogliere le opportunità del post pandemia, suggerendo attività di formazione per accrescere le competenze digitali di chi era momentaneamente senza lavoro, ma nulla di questo è stato fatto. Questa settimana il dott. Magrini Alunno, direttore della sede di Ancona della Banca d’Italia, ha presentato l’annuale rapporto dell’Economia delle Marche, consegnandoci una fotografia preoccupante della Regione con dati negativi nei redditi delle famiglie e ancor di più nel sistema economico nella sua complessità, forse mai così negativi dal termine della Seconda guerra mondiale, ma che non si discostano molto dalla media nazionale, cioè andiamo male come tutti gli altri. Ma su un aspetto forse stiamo peggio, ed è quello relativo alla digitalizzazione dell’economia regionale. Avevo piena percezione di questo aspetto, e l’analisi condotta da Banca d’Italia ci restituisce una misura precisa di questo arretramento. Già l’Italia si trova agli ultimi posti in Europa per bassa competenza digitale, ritardo nell’uso di internet e bassa penetrazione delle tecnologie digitali nelle imprese. Secondo gli stessi parametri, le Marche vanno ancora peggio con un tasso di digitalizzazione significativamente inferiore alla media nazionale, di circa 20 punti percentuali nell’indicatore DESI (Digital Economy and Social Index). La Regione è indietro soprattutto dal punto di vista delle infrastrutture digitali, quelle più veloci ed affidabili. Ad esempio, le famiglie che hanno una connettività di almeno100 megabit al secondo, indicata come ultraveloce, ma che in realtà è solamente una velocità minima per garantire servizi di qualità, sono in percentuale molto basse, quasi la metà della media italiana. Stessa situazione ritroviamo nelle Scuole, solo il 9% degli edifici scolastici sono collegati in fibra ottica (unico sistema per garantire alte velocità e capacità di trasmissione) a fronte di una media nazionale pari al doppio. Il divario si innalza ancora di più nello sfruttamento delle competenze digitali avanzate, con pochi specialisti rispetto a quelli che sarebbero necessari per dare un vero impulso all’economia della conoscenza che nella Regione stenta a decollare.
*Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche
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