Inseguire la digitalizzazione. Si è già perso troppo tempo

Inseguire la digitalizzazione. Si è già perso troppo tempo

di Sauro Longhi
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Lunedì 28 Giugno 2021, 10:45

Ai miei nonni bastava ascoltare il suono del grano mosso dal vento per capire se il raccolto sarebbe stato buono e con questo garantire alla famiglia un anno di serenità economica. In questi giorni i campi di grano maturo suonano come non mi accadeva di ascoltare da diversi anni, forse avremo un buon raccolto. Ma l’anno che stiamo attraversando non sarà dei migliori: gli effetti devastanti della pandemia sulle attività economiche sono evidenti a tutti. In questa settimana scadrà il blocco dei licenziamenti e molti lavoratori e lavoratrici perderanno il proprio posto di lavoro e molte famiglie non avranno più un reddito su cui contare. Le stime variano dai 70 mila posti a rischio dell’Ufficio parlamentare di bilancio ai 700 mila della Cgil. Prorogare indefinitamente non è sostenibile, ma rimane il problema di chi perde il posto di lavoro. Politiche attive per creare nuovi posti di lavoro sono state proposte ma i risultati non sono ancora evidenti. Da queste colonne più di un anno fa avevo invitato ad investire su attività utili e necessarie per cogliere le opportunità del post pandemia, suggerendo attività di formazione per accrescere le competenze digitali di chi era momentaneamente senza lavoro, ma nulla di questo è stato fatto. Questa settimana il dott. Magrini Alunno, direttore della sede di Ancona della Banca d’Italia, ha presentato l’annuale rapporto dell’Economia delle Marche, consegnandoci una fotografia preoccupante della Regione con dati negativi nei redditi delle famiglie e ancor di più nel sistema economico nella sua complessità, forse mai così negativi dal termine della Seconda guerra mondiale, ma che non si discostano molto dalla media nazionale, cioè andiamo male come tutti gli altri. Ma su un aspetto forse stiamo peggio, ed è quello relativo alla digitalizzazione dell’economia regionale. Avevo piena percezione di questo aspetto, e l’analisi condotta da Banca d’Italia ci restituisce una misura precisa di questo arretramento. Già l’Italia si trova agli ultimi posti in Europa per bassa competenza digitale, ritardo nell’uso di internet e bassa penetrazione delle tecnologie digitali nelle imprese. Secondo gli stessi parametri, le Marche vanno ancora peggio con un tasso di digitalizzazione significativamente inferiore alla media nazionale, di circa 20 punti percentuali nell’indicatore DESI (Digital Economy and Social Index). La Regione è indietro soprattutto dal punto di vista delle infrastrutture digitali, quelle più veloci ed affidabili. Ad esempio, le famiglie che hanno una connettività di almeno100 megabit al secondo, indicata come ultraveloce, ma che in realtà è solamente una velocità minima per garantire servizi di qualità, sono in percentuale molto basse, quasi la metà della media italiana. Stessa situazione ritroviamo nelle Scuole, solo il 9% degli edifici scolastici sono collegati in fibra ottica (unico sistema per garantire alte velocità e capacità di trasmissione) a fronte di una media nazionale pari al doppio. Il divario si innalza ancora di più nello sfruttamento delle competenze digitali avanzate, con pochi specialisti rispetto a quelli che sarebbero necessari per dare un vero impulso all’economia della conoscenza che nella Regione stenta a decollare.

Le attività di formazione per accrescere le competenze digitali durante il periodo della pandemia ci avrebbero aiutato, ma purtroppo non è stato fatto nulla. Anche nell’integrazione delle tecnologie digitali nelle imprese, le Marche sono in ritardo rispetto al resto del Paese, che a sua volta è in ritardo rispetto al resto dell’Europa. Certo è che nelle piccole imprese, che in prevalenza compongono il nostro settore economico produttivo, risulta più difficile, ma in ogni caso a parità di caratteristiche settoriali o dimensionali le imprese marchigiane sono sempre indietro alla media nazionale. Questo ha fatto sì che durante l’emergenza sanitaria anche il ricorso al lavoro agile nelle Marche sia stato inferiore a quello nazionale, solo 10,5% contro un dato nazionale del 14,8%. Un maggior uso di questa metodologia di lavoro avrebbe portato ad un minore ricorso alla cassa integrazione guadagni, come i dati statistici confermano. Ovviamente, non è pensabile ricorrere al lavoro agile per tutte le attività, ma dove possibile, se non esistono le competenze e le infrastrutture, risulta impossibile realizzarlo. Il capitolo della digitalizzazione conclude la Relazione della Banca d’Italia, ma indipendentemente dalla posizione, questo aspetto trasversale e permeabile a tutti i settori economici, sociali e culturali, dovrà assumere nell’immediato futuro una posizione primaria nelle politiche di sviluppo della Regione. Il PNRR appena approvato dalla Commissione Europea, può aiutarci in questa prospettiva, ma bisogna prima di tutto crederci, avere visione delle potenzialità, investire per risultati che non arriveranno immediatamente ma nel medio periodo. Sono previste significative risorse per la transizione digitale ed ecologica. Ma come utilizzarle in un tessuto produttivo composto soprattutto da micro e piccole imprese? Occorre fissare da subito programmi ben determinati, anche perché come ha evidenziato recentemente il prof. Fabrizio Barca, quasi il 60% delle risorse previste nel PNRR andranno spese dalle amministrazioni locali. Queste devono avere ben chiaro che gli effetti del piano si avranno nel medio termine, quindi oltre il loro mandato e devono pertanto individuare gli investimenti infrastrutturali con questa prospettiva. Anche se i tempi imposti dalla Comunità Europea sono molto stretti, le ricadute si avranno dopo. Occorre coinvolgere le giuste competenze e soprattutto partire immediatamente, ogni ulteriore attesa ritarderà la ripartenza della Regione. Contemporaneamente occorrerà programmare azioni concrete per risolvere i problemi che si presenteranno già dal 1 Luglio, con la cancellazione del blocco dei licenziamenti. Il caso Elica ne è un esempio, forse il più importante. Ai nostri nonni bastava ascoltare il grano, a noi occorrono strumenti più complessi: competenze e tanto coraggio.

*Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche

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