di Alessandro Campi
5 Minuti di Lettura
Venerdì 23 Aprile 2021, 00:05

In politica, come nella vita reale, si gioca spesso al gioco delle parti: si dice e si fa quel che sarebbe meglio non dire e non fare (cose persino sgradevoli o apertamente polemiche) sapendo che la controparte, anche se ufficialmente fa l’offesa o mostra irritazione, ha ben capito che si tratta d’una scelta indotta da una qualche necessità o momentanea convenienza. Nell’intimo, tutti sanno che il contrasto al dunque troverà una composizione.

In un governo come quello guidato da Draghi, unione resa obbligatoria dalla pandemia di cose politicamente troppo diverse, non deve dunque stupire che vi siano dissapori manifesti, impegni prima presi e poi disdetti, ripensamenti all’apparenza incomprensibili e, appunto, un reciproco gioco delle parti. Stavolta è toccato a Salvini dissociarsi dalla decisione del governo che sostiene, domani – vedrete – toccherà a qualcun altro su qualche altro provvedimento. 
Va bene infatti il rispetto degli impegni presi, va bene il senso di responsabilità, ma ci sono anche elettori (i propri) ai quali rispondere e battaglie politiche da intestarsi o sulle quali non si può troppo cedere se non al rischio di mostrarsi arrendevoli. In questo caso c’era poi il pressing sull’esecutivo di praticamente tutte le regioni italiane e di molte categorie, che considerano, peraltro con buoni argomenti, il coprifuoco alle 22 un freno alla ripresa delle attività economiche: una soglia peraltro più simbolica che reale dal momento che non si capisce quanto un’ora in più di movimento notturno possa favorire la diffusione del virus.
La Lega si è fatta interprete di questi malumori, Draghi dal canto suo ha tenuto il punto mostrando persino fastidio per l’irrigidimento salviniano, ma si può star certi che nell’interesse tutti – governo, partiti, Regioni, operatori economici, gli italiani tutti che davvero non ne possono più di stare reclusi – questa e altre misure contenute nel decreto dell’altro giorno verranno presto ridiscusse e rimodulate. Specie se si avrà – come tutti sperano – il conforto di una riduzione dei contagi favorita dall’intensificarsi della campagna vaccinale.

Naturalmente, come in tutti i giochi, attenzione a non farsi prendere la mano. Salvini, come si è visto anche in altre occasioni, ha un fondo di imprevedibilità e d’impulsività che se da un lato può risultare spiazzante per gli avversari, dall’altro rischia di esserlo anche per i suoi stessi seguaci. E di fargli fare mosse che alle fine potrebbero rivelarsi, più che astute, controproducenti. Dovrebbe ad esempio aver imparato, visto com’è malamente finito il Conte 1, che stare al governo come se si fosse un partito d’opposizione o perennemente in campagna elettorale non produce nulla di buono.

Gli avversari del Capitano, a partire dal Pd, non aspettano altro che un suo colpo di testa. Fuori la Lega dal governo non se ne farebbe ovviamente un altro, né si andrebbe al voto, semplicemente si darebbe alla maggioranza una coloritura politica giallo-rossa (con qualche venatura d’azzurro berlusconiano) contraria allo spirito d’unità nazionale che ha portato Draghi a Palazzo Chigi.

Salvini grazie alla sua decisione di sostenere quest’ultimo, anch’essa spiazzante e non scontata, si è rimesso abilmente al centro del gioco politico dopo un anno e oltre di oblio e di propaganda a vuoto. Perché, per eccesso di umoralità, dovrebbe ora fare un così grande regalo a chi non lo ama e non fa niente per nasconderlo? Perché uscire dal governo ora che gli è stato fatto il regalo di un processo politico-mediatico, con l’accusa d’essere stato un ministro-sequestratore, dal quale uscirà politicamente vincente anche se dovessero condannarlo?

Ma nel caso delle sue scelte spesso in contropiede non è solo un problema di personalità. Ci sono anche ragioni politiche alla base dei suoi più recenti ondeggiamenti. Da quando ha deciso di far parte della maggioranza che sostiene Draghi – con motivazioni molte apprezzate soprattutto dai ceti produttivi del Nord che sono da sempre la sua più importante base di consenso – non fa altro che chiedersi se per aver fatto bene nell’immediato non rischia di far male sul lungo periodo. 

La sua preoccupazione principale si chiama ovviamente Giorgia Meloni. Anche lei probabilmente sta conducendo un abile gioco delle parti nei confronti del governo, nel senso che contrasta Draghi meno di quanto dica pubblicamente avendo ben chiara la drammaticità del momento, ma all’opposizione è formalmente da sola. E questa scelta, sondaggi alla mano, la sta premiando proprio a danno (anche se ancora relativo) della Lega. Soprattutto la sta premiando in termini di visibilità e di crescenti apprezzamenti: può infatti vantare, agli occhi dell’opinione pubblica, una coerenza d’atteggiamento che in sé non vale nulla (dal momento che si può essere coerenti anche nell’errore), ma che vale invece moltissimo in un Paese abituato a politici che cambiano continuamente idee, casacche e alleanze.

Da qui appunto certe impuntature recenti di Salvini a danno proprio del suo antico alleato oggi concorrente. Come quella sulla presidenza del Copasir: politicamente comprensibile se dietro la sua scelta di non far dimettere il proprio esponente Volpi ci fosse qualche posta in gioco negoziale, costituzionalmente insostenibile se – come alcuni cominciano a temere – dovesse trattarsi solo d’un puntiglio personale o di una forzatura finalizzata a tenersi quasi di prepotenza una poltrona tanto delicata. Un atteggiamento destinato ad alimentare, proprio perché irragionevole, ogni sorta di speculazione: si vuole forse nascondere qualcosa sulla rete di rapporti internazionali costruita in passato da alcuni dei suoi uomini? Un retropensiero maligno che svanirebbe in un secondo se si decidesse di passare il testimone ad un esponente di Fratelli d’Italia.

Partito col quale la Lega – Salvini lo sa bene – può battagliare ma non rompere se davvero aspira al governo nel dopo-Draghi. D’altro canto, non è stato un efficace gioco delle parti anche quello condotto nel centrodestra nel corso degli anni? Dissapori, litigi, rotture, insulti, sapendo che alla fine solo se unito esso può sperare di vincere. Sarà così anche la prossima volta.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA