Cara Parvin, da madre a madre: capisco il dolore, capisco la paura. Ma gli argomenti usati da lei e suo marito Beppe Grillo in difesa di vostro figlio indagato per stupro riportano brutalmente indietro l’orologio della nostra storia collettiva. Una sequenza di luoghi comuni e pregiudizi francamente insopportabile.
La questione ormai è nota. Grillo in un video ha difeso a spada tratta vostro figlio Ciro, 20 anni, indagato con altri tre amici per violenza sessuale su una ragazza nell’estate di due anni fa.
La denuncia arrivata solo 8 giorni dopo, secondo suo marito, getta pesanti ombre sulla credibilità dell’accusa. «C’è un video che testimonia l’innocenza dei ragazzi, dove si vede che lei è consenziente. La data della denuncia è solo un particolare», è intervenuta anche lei, Parvin, a sostenere la stessa tesi.
Consenziente una ragazzina ubriaca fino a svenire? Noi madri di figli maschi abbiamo un surplus di responsabilità nell’educare i cittadini del futuro: se non siamo noi a insegnare loro il rispetto per le donne, se non siamo noi a inculcare loro il concetto che una ragazza ubriaca e incosciente non è un corpo da usare a proprio piacimento ma una persona da difendere e proteggere proprio perché più indifesa, chi deve farlo?
Non è derubricando a goliardata una notte di vodka e sesso sfociata in una denuncia penale che si educa un ragazzo a considerare il sesso un aspetto essenziale della vita, sì, ma non a ogni costo.
Ci sono voluti decenni di pronunce giurisprudenziali per rovesciare almeno nei tribunali la linea di chi voleva la donna oggetto di violenza sessuale troppe volte indicata come “consenziente” a causa dei suoi comportamenti prima, durante o dopo lo stupro. Ci è voluto un famoso “processo per stupro” trasmesso coraggiosamente in tv dalla Rai negli anni Settanta per entrare nelle case degli italiani e spiegare loro che non è la vittima a doversi difendere in tribunale ma i suoi violentatori.
Perché se una donna dice “Fermati!” o, peggio, se non lo può dire perché non è in sé, e il rapporto sessuale si compie lo stesso, ecco, a suo figlio avrebbe dovuto spiegare che quello si chiama stupro.
Naturalmente saranno i giudici a stabilire se nel caso di Ciro si è trattato effettivamente di violenza oppure no. Quello che compete a noi genitori è indicare ai nostri figli un modello di comportamento. E il rispetto per l’altro, anzi le altre in questo caso, è l’unico insegnamento possibile.
Da madre a madre, penso che lei abbia perso una grande occasione.
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